Ha labbra che sembra sorridere la
testina ricoperta di tessere di oro ravennate realizzata da
Alessandro Mendini nel 1993. Accanto, c'è una scultura con una
forma di testa-maschera umana suddivisa in riquadri colorati con
due grandi orecchie gialle, Neo Malevic del 2003, mentre sulla
parete in fondo della sala domina la lampada di Milo, del 1988,
riedita da Codiceicona nel 2022, dove il bulbo luminoso è
semi-coperto da una lastra metallica ricurva con due fori per
gli occhi e che pare richiamare i temi attuali del post-umano. È
composto da quattordici oggetti e sei disegni, dal 1987 al 2018,
il nucleo della mostra Visi dedicata all'opera di Mendini,
curata da Aldo Colonetti e Archivio Alessandro Mendini, nella
Biblioteca Nuova Manica Lunga della Fondazione Giorgio Cini, a
Venezia, fino al 16 giugno su prenotazione www.vistcini.com.
"Per questa mostra alla Fondazione Cini - hanno rilevato
Elisa e Fulvia Mendini, figlie dell'architetto-designer morto
cinque anni fa -, abbiamo pensato di indagare il tema del viso,
uno degli aspetti più affascinanti dell'opera di nostro padre.
Particolarmente interessato all'antropomorfismo, spesso ha
progettato oggetti e cose con sembianze umane, volti, teste o
anche soltanto occhi. Nella vastissima iconografia del suo
lavoro, abbiamo individuato alcuni degli oggetti che
rappresentano questo argomento figurativo. Sono disegni, vasi e
sculture, espressi in diversi linguaggi materici, dall'argento e
metalli, alla ceramica, al vetro, al mosaico".
Lo stesso Mendini, nei suoi appunti, sottolineava come il
viso umano rappresentasse per lui "un mezzo e un fenomeno
primario di autoprogettazione", nel senso che "il viso è un
luogo, un supporto pittorico, una superficie decorativa,
elemento basico del progetto del 'senso' di ogni persona, di
ogni uomo in quanto attore sulla scena del mondo".
Renata Codello, segretaria generale della Cini, ha rilevato:
"La mostra Visi ripercorre con un taglio tematico la ricerca
antropomorfica del designer narrando a lampi di ispirazione la
sua visione delle potenzialità dell'arte».
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