Pubblicato dalla rivista "The New
England Journal of Medicine", lo studio del dottor Vasileios
Oikonomou, ricercatore del Dipartimento di medicina e chirurgia
dell'Università degli studi di Perugia che, in collaborazione
con il gruppo di ricerca del National Institutes of Health di
Washington, coordinato dal dottor Michail Lionakis, ha
dimostrato che il farmaco antitumorale Ruxolitinib è in grado di
ridurre significativamente i sintomi di una rara sindrome
genetica, la sindrome poliendocrina autoimmune di tipo 1
(Aps-1).
"La Aps -1 è caratterizzata da una disfunzione multiorgano,
che di solito inizia durante l'infanzia ed è fatale in oltre il
30 per cento dei casi - si legge in una nota dell'Università
degli Studi di Perugia -. Si tratta di una sindrome ereditaria
causata da un difetto genetico che porta i linfociti T del
sistema immunitario ad attaccare le cellule del corpo del
paziente. I sintomi caratteristici sono candidiasi muco-cutanea
cronica, ipoparatiroidismo e insufficienza surrenalica, a cui si
associano infiammazioni a vari organi, perdita di capelli e del
colore della pelle.
La sperimentazione condotta per oltre un anno su alcuni
pazienti - prosegue la nota - sia adulti che bambini affetti da
Aps-1, ha consentito di osservare come, a seguito della
somministrazione di Ruxolitinib, molti sintomi correlati all'Aps
-1 siano stati ridotti, tra cui la perdita di capelli, la
candidiasi orale, l'infiammazione di stomaco, intestino e
tiroide, e l'orticaria.
"I dati ottenuti, che verranno sottoposti a conferma con uno
studio su un gruppo molto più ampio e diversificato di pazienti,
se confermati - spiega Vasileios Oikonomou - potranno avere un
grande impatto socio-sanitario, perché testimoniano ancora una
volta come il riposizionamento di molecole note, ovvero il loro
utilizzo per malattie diverse da quelle per le quali erano state
studiate all'origine, consente di ridurre i tempi di
sperimentazione e gli investimenti di denaro a carico dei
sistemi sanitari nel caso del trattamento delle malattie rare".
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