Pierluigi Raffo valuta, ogni anno,
circa 1.500 cani. E' considerato uno dei massimi esperti, in
Italia, di cani 'impegnativi'. E' laureato in Tecniche di
allevamento del cane di razza ed educazione cinofila, Master in
istruzione e altra specifica formazione, gestisce il parco
canile di Rovereto e sui casi di aggressione da parte di cani
tipo bull, come quella che si è verificata nel Salernitano dove
un bimbo di poco più di un anno è stato ucciso da due cani, ha
diversi aspetti che mette in chiaro.
"Le domande da porsi quando succedono queste cose sono
tantissime - premette -: i cani erano abituati e socializzati
con il bambino? Frequentavano la famiglia? Un cane forte non ha
bisogno di aggredire, la sua può essere una richiesta di
distanza, un azione di tutela della persona, una predazione o
anche una espressione di paura. Se un cane non è abituato al
pianto di un bimbo può scattare un'aggressione anche per paura,
perché il bimbo viene percepito come un pericolo. Ma
l'aggressività può anche essere determinata dall'atteggiamento
protettivo nei confronti di una persona. Dire 'non è successo
nulla e il cane ha aggredito' non può mai essere vero perché i
cani non sono pazzi e non partono senza significato".
C'è, dunque, la responsabilità di chi possiede un cane
considerato pericoloso. E, per Raffo, c'è una responsabilità
anche dello Stato. "E' stata l'ordinanza Sirchia ad introdurre
una 'black list' di cani pericolosi e poi l'ordinanza Martini
2009 a stabilire di istituire percorsi formativi per i
proprietari di cani con rilascio di un patentino. Il patentino
per alcune razze di cani già è previsto, come ad oggi richiamato
dall'Ordinanza Paolo Fadda dell'agosto 2013, attuale ordinanza
di pubblica sicurezza, essa prevede che venga rilasciato un
patentino dall'Asl dopo un percorso gratuito a chiunque
(proprietario o no di un cane), ne faccia richiesta. Qualcuno
informa il cittadino su questo passaggio da fare? Qualcuno
controlla? No".
"Non solo - aggiunge - cani come i pitbull, che poi per
stabilire se lo sono davvero bisognerebbe conoscere la loro
storia, i loro genitori, non possono essere affidati a persone
che hanno reati o sono problematici. Lo Stato darebbe una
pistola ad un pregiudicato o ad uno schizofrenico? Ecco la
stessa cosa vale per questi cani terrier di tipo bull (così
vicini anche ai molossi). Qualcuno controlla? No. E allora, io
non voglio passare per chi sta dalla parte del cane ma il cane,
in tutte queste storie, non ha mai la colpa. La responsabilità è
di chi lo gestisce che già prima di prenderlo dovrebbe seguire
un percorso educativo specifico. Ma ahimè quasi nessuno lo fa".
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