Un'attenta gestione delle foreste
potrebbe aumentare la capacità dei boschi di immagazzinare il
carbonio. A dirlo è uno studio pubblicato su "Nature" che vede
coinvolti 60 enti di ricerca partecipanti alla "Global forest
biodiversity initiative", tra cui la Fondazione Edmund Mach. Per
la ricerca sono stati raccolti oltre un milione di dati che
riguardano foreste di tutto il mondo, comprese quelle trentine.
Si tratta - informa una nota - di rilevazioni di biomassa
forestale eseguite da satellite e da terra che quantificano il
contributo dei boschi come agenti di rimozione del carbonio
dall'atmosfera.
Le foreste svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo del
carbonio: durante la fotosintesi, assorbono anidride carbonica
dall'atmosfera, trasformandola in biomassa: un processo chiamato
"fissazione del carbonio". Le foreste immagazzinano grandi
quantità di carbonio, principalmente nei loro alberi e nel
suolo. Tuttavia, i cambiamenti antropogenici nell'uso del suolo,
quali per esempio la deforestazione o i cambiamenti nelle
colture, sono responsabili di rilasci di grandi quantità di
carbonio nell'atmosfera, contribuendo all'aumento delle
emissioni di CO2, principale gas responsabile dell'effetto
serra.
"Attraverso l'integrazione di dati telerilevati con quelli
raccolti a terra, circa un milione di aree di studio compreso il
Trentino, si è stimato che a livello globale il carbonio
stoccato nelle foreste è inferiore di ben 226 miliardi di
tonnellate rispetto al loro potenziale", spiegano gli autori
dell'articolo, Damiano Gianelle e Lorenzo Frizzera. "La maggior
parte (61%) di questo deficit di accumulo si trova in aree con
foreste esistenti, in cui, attuando misure di salvaguardia
dell'ecosistema, si può consentire alle foreste di svilupparsi
fino alla maturità, ottimizzando così la loro capacità di
assorbire e immagazzinare il carbonio. Il restante 39% del
potenziale si trova in regioni in cui le foreste sono state
rimosse o frammentate".
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