Ridurre le liste d'attesa e
valorizzare il ruolo clinico della medicina generale. Lo ha
chiesto Smi, il Sindacato provinciale dei medici italiani, sigla
maggiormente rappresentativa in Provincia per la medicina
generale, nel corso di un incontro con l'assessore provinciale
alla Sanità, Mario Tonina. Smi in questa legislatura si
impegnerà a supportare il compimento aziendale per la
riorganizzazione delle reti cliniche e professionali locali,
snodo obbligato per i Percorsi diagnostico terapeutici
assistenziali e per il Piano assistenziale individualizzato
necessari al filtro per le liste d'attesa molto di più dei Rao.
"Tenendo però ben presente che le attuali liste d'attesa
sarebbero ben più lunghe se non ci fosse la medicina generale,
costantemente in attività di filtro ogni giorno della settimana
per sessanta ore alla settimana. Senza possibilità, per noi, di
riposo psico fisico ne di sostituzioni per malattia, data
l'esiguità del personale attualmente reperito per tale
difficilissimo lavoro specialistico territoriale. Messo
costantemente sotto pressione da una popolazione che ritiene il
rapporto fiduciario come un bancomat a cui rivolgersi, da
distanza, per avere tutto e subito senza contratto di sorte",
sottolinea in una nota il segretario Smi Nicola Paoli.
Il sindacato chiede anche "La presa in carico dei pazienti
attraverso l'attività clinica importantissima dei medici di
medicina generale nei propri studi e a domicilio; la
riorganizzazione della continuità assistenziale sia periferica
domiciliare che in sedi più sicure a livello centrale, dedicate
anche ai codici di minore gravità; la verifica dei fattori
produttivi; l'aggiornamento Istat del nostro personale
contrattualizzato infermieristico e di studio".
Nel corso dell'incontro si è parlato sia della legge 16/2010
riguardante la messa a disposizione dei Comuni che ne facessero
richiesta di studi medici gratuiti per i professionisti pubblici
convenzionati, sia della riorganizzazione medica relativamente
alle Rsa del Trentino: entro il 2026 i medici seguiranno il 10%
dell'intera popolazione over 65.
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