Il corridoio illuminato al neon, l'odore acre e pungente, gli oblò alle porte da cui si intravedono camici azzurri piegati sui lettini, le celle frigorifere che inghiottono morte. Il silenzio è interrotto solo dal ronzio delle mosche e dal rumore delle barelle che trasportano da una parte all'altra, in un lugubre corteo, i sacchi neri dei cadaveri, bianchi se sono di bambini o di quel che ne resta. E' un via vai ininterrotto di corpi, a decine, centinaia, tra le 1.400 vittime del brutale attacco di Hamas nel sud di Israele.
"Questo è il mondo dei morti", dice all'ANSA il dottor Chen Kugel, direttore del Centro nazionale di medicina forense di Tel Aviv, l'unico di tutto il Paese, dove dalla base militare di Shura sono stati portati finora circa 950 corpi, 297 ancora senza nome. "Qui arrivano solo i casi più difficili. Il nostro primo compito è quello di identificare le vittime, poi di capire cosa gli è successo, come sono morti. Dobbiamo dare delle risposte alle famiglie che si chiedono se i loro cari si trovano qui o se sono finiti a Gaza come ostaggi. Glielo dobbiamo". Non è un compito facile. "A volte non sappiamo rispondere, perché riceviamo piccoli resti, o pezzi carbonizzati, corpi mutilati e completamente scomposti. Ma cerchiamo di fare del nostro meglio", spiega il dottor Kugel che si interrompe spesso, gli occhi lucidi e un groppo alla gola, nonostante i suoi 31 anni di carriera.
Nell'obitorio ogni minimo dettaglio, ogni pezzettino di ossa viene analizzato, si raccolgono campioni di dna, le impronte digitali, le arcate dentali. Anche un tatuaggio - "se ancora visibile" - può essere utile. "Alcuni cadaveri avevano i polsi legati dietro la schiena con le fascette di plastica, altri buchi di proiettile alle mani perché hanno cercato di difendersi", dice ancora il direttore del Centro, portandosi le mani al volto per mimare il gesto.
Il team di medici forensi mostra su uno schermo la foto di una massa informe e nera, un grumo carbonizzato e indistinguibile. L'immagine della risonanza rivela poi che si tratta di due colonne vertebrali e due serie di costole aggrovigliate tra loro: "E' un adulto che abbraccia un bambino", spiega Kugel. I loro corpi sono fusi l'uno nell'altro, stretti nella paura di quello che sta per accadere e poi è accaduto: la violenza, la morte.
"Abbiamo visto tanti bambini uccisi: alcuni erano bruciati, alcuni sono morti tra le fiamme, avevano fumo nella trachea", continua il dottor Kugel. Probabilmente, spiegano i medici, "sono morti intossicati, non arsi vivi. Non abbiamo trovato tracce di carburante sui corpi. Le famiglie - sottolineano - devono sapere almeno che non hanno sofferto quell'orrore". A una domanda sulla notizia non confermata dei "bambini decapitati" da Hamas, il direttore è categorico: "Ho visto bimbi senza testa, ma non ne conosco la causa. Una pallottola o un missile può staccarti la testa. Non dirò che le persone sono state decapitate", taglia corto.
E' un lavoro straziante, lunghissimo, cui da giorni si dedicano senza sosta medici forensi, esperti e volontari anche di altre nazionalità. "Ci metteremo tutto il tempo necessario - assicura la dottoressa Nurit Bublil, consulente del laboratorio di Dna dell'esercito israeliano -. Ma restituiremo il corpo di ogni israeliano, di ogni soldato, ogni straniero o turista alle loro famiglie. Tutti saranno sepolti a casa".
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