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La parola della settimana: Bellezza

La parola della settimana: Bellezza

di Massimo Sebastiani

27 dicembre 2023

Redazione ANSA

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La parola della settimana - RIPRODUZIONE RISERVATA

La parola della settimana - RIPRODUZIONE RISERVATA
La parola della settimana - RIPRODUZIONE RISERVATA

Di cosa parliamo quando parliamo del bello? La grande bellezza, diventata espressione proverbiale, la bellezza del Natale, espressione usata dal cardinale Matteo Maria Zuppi, o svenire dalla bellezza, come sembra che sia capitato a Roberto Benigni di fronte alla scena finale del film Io Capitano di Matteo Garrone, entrato nella cosiddetta shortlist dei film stranieri candidati all’Oscar (per ora è nei migliori 15 poi il 23 gennaio verranno scelti i cinque che si contenderanno il titolo del migliore film straniero che verrà annunciato, come gli altri, il 10 marzo). Benigni peraltro è l’ultimo di una lunga serie di svenuti la cui ‘malattia’ ha un nome preciso da quando la medicina ha fissato in una definizione, sindrome di Stendhal, quello che può succedere, a livello psicosomatico, di fronte ad un’opera d’arte che ci incanta: tachicardia, capogiri, vertigini e svenimenti. Proprio quello che accadde allo scrittore francese nella basilica di Santa Croce a Firenze. Finché abbiamo un mancamento di fronte alla bellezza però va tutto bene, se così si può dire. E’ tutto chiaro, in un certo senso. Il problema arriva quando proviamo a definirla, la bellezza. Da Platone a Nino Frassica, per oltre 2000 anni si è trattato di un autentico rompicapo.

 

Eppure tutto sembra molto chiaro: San Tommaso d’Aquino, il domenicano ciociaro, cervello in fuga a Parigi, dove andò a studiare e poi a più riprese ad insegnare, che ha contribuito in modo decisivo nel Medio Evo alla elevazione di quella cattedrale concettuale che va sotto il nome di filosofia scolastica riassunta nella Summa teologica in circa 700 pagine, se la cavò così: pulchrum est quod visum placet (E’ bello ciò che piace alla vista). Un po’ poco per il pensatore che è uno dei pilastri della filosofia cristiana, che sintetizzo Aristotele e Sant’Agostino, Plotino e Avicenna, decisivo anello di congiunzione tra la filosofia classica e la cristianità. Il punto è che, come ha spiegato Umberto Galimberti, se si prova a concettualizzare la bellezza e quindi a spiegarla, la bellezza stessa ci sfugge.

D’altra parte la parola bello, da cui bellezza deriva, come spiega il portale Unaparolaalgiorno, è un iperonimo colossale, cioè una parola che ne contiene tante altre (è un po’ lo stesso per amore, di cui ci siamo occupati, ma qui ancora di più). Diciamo ‘bello’ e intendiamo cose diverse: di bell’aspetto, grande o grosso (un bel problema o una bella somma), armonioso, efficace (una bella risposta), lieto (una bella notizia: esattamente come quella novella, lieta appunto, che più o meno direttamente festeggiamo già con il Natale). Da qui l’infinita teoria delle definizioni e quindi delle citazioni, anche abusate e ripetitive, da ‘non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace’, proverbio ricavato da un racconto di Giulio Cesare Croce, scrittore, cantastorie ed enigmista italiano del ‘600, fino a ‘la bellezza salverà il mondo’ attribuita in genere al conte Myskin, protagonista dell’Idiota di Dostevskij, anche se in realtà lo scrittore russo non fa pronunciare a lui quella frase. Myskin, come ha sottolineato un filosofo italiano scomparso di recente, Franco Rella, non lo dice mai. Le parole che escono dalla sua bocca, in risposta ad una domanda, sono altre: ‘la bellezza è un enigma’, dice il conte perché secondo lui Dio non ci ha dato altro che enigmi. Altro che armonia: la bellezza, come la ‘terribile bellezza degli antichi’, espressione usata da Hoelderlin, la deinòtes, cioè la terribilità, degli antichi greci, è inquietante. E infatti, sempre nell’Idiota, la bellezza di Nastasja porta Myskin ad abbandonare la donna di cui era innamorato per poi essere abbandonato da lei e precipitare nell’istupidimento e nell’afasia mentre Nastasja verrà uccisa dall’uomo di cui si era innamorata, Rogozin, che non tollera la sua ossessionante bellezza.

Neanche uno scrittore torrenziale e appassionato, giocatore semiprofessionista di tennis, come David Forster Wallace è riuscito a spiegare la bellezza tennistica di Roger Federer, limitandosi a definirla un’esperienza religiosa, anzi mistica. Di questo, e di molto altro, si è parlato nella tappa dedicata appunto alla parola bellezza, dell’iniziativa In cammino che si è svolta alla certosa di Padula, in provincia di Salerno, il 21 dicembre, quarta tappa di un pellegrinaggio moderno e iniziativa coordinata da Livia Pomodoro, partita in estate a Canterbury e che andrà avanti fino al 2025, in occasione del Giubileo.

 

Video La bellezza come contraddizione e imperfezione della realtà nella riflessione di Simone Weil

 

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