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La gente sotto il fango, il giallo della corriera

La gente sotto il fango, il giallo della corriera

Micaela Coletti, 'lo Stato è mancato in tutto questo tempo'

08 ottobre 2023

Redazione ANSA

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Testimoni della tragedia del Vajont in una foto d 'epoca - RIPRODUZIONE RISERVATA

Testimoni della tragedia del Vajont in una foto d 'epoca - RIPRODUZIONE RISERVATA
Testimoni della tragedia del Vajont in una foto d 'epoca - RIPRODUZIONE RISERVATA

Fanno rabbrividire ogni volta le storie dei sopravvissuti del Vajont. "Il mio letto si piegò in due all'improvviso, con me dentro, e feci un volo di 350 metri, come se un vortice mi trascinasse via". "Ero sottoterra, fuori solo con un piede e una mano". Perché sono diversi i ricordi degli scampati al fango e alle macerie, i sopravvissuti appunto, rispetto a quelli (pur terribili) dei superstiti della strage, gente di Longarone che perse ogni bene materiale, ma non dovette la vita solo alla fortuna - non essere stata in casa in quei momenti - o ai soccorritori arrivati sulla distesa del Piave. I flash qui riportati della notte del 9 ottobre 1963 appartengono a Micaela Coletti, la settantenne presidente del Comitato Sopravvissuti del Vajont. Una dei testimoni diretti ancora in vita (sono meno di un centinaio) della più grave catastrofe italiana dopo la seconda Guerra mondiale. In tutti questi anni Micaela, in occasioni pubbliche e in conferenze nelle scuole, non ha mai smesso un attimo di portare la testimonianza di quel disastro, 'innescato' dalle scelte sciagurate di chi, in primis la Sade, aveva creato un bacino idroelettrico di 115 milioni di metri cubi d'acqua ai piedi di un monte franoso (Toc, in dialetto friulano, significa 'marcio'). Il ricordo delle 22.39 di 60 anni fa non può essere cancellato: "la luce della mia camera si spense improvvisamente, e sentii un fragore come di ferro che si avvicina, il letto si piegò in due, e mi sentii risucchiata in un vortice, che mi fece volare 350 metri lontano da casa. Avevo messo le mani sul viso, e questo mi permise di respirare. La 'fortuna' fu che una mano fuoriusciva dal fango. Fu vista dai soccorritori, che la tirarono fuori. Sotto l'onda aveva perso tutta la sua famiglia. All'epoca era una ragazzina di 12 anni. Rimase in ospedale alcuni mesi, a Pieve di Cadore (Belluno), nei quali nessuno andava a trovarla. Ebbe un momento di popolarità solo quando all'ospedale arrivò la Maria Beatrice di Savoia, la principessa 'Titti', che si fermò al suo capezzale.

Di storie, episodi legati al Vajont Coletti ne conosce a centinaia. Uno di questi però, è poco noto. Forse perchè confina con la leggenda. E' la corriera sepolta nel greto del torrente Mae', con tutte le sue vittime. Nel Maè, del resto, si è detto negli anni che dovrebbero trovarsi i resti dei 450 corpi di longaronesi mai ritrovati. Lì, anni addietro, durante lavori condotti da un'azienda privata, la benna di un escavatore si bloccò agganciando sottoterra qualcosa: era la carcassa della parte finale di una vecchia corriera. In quel punto erano già stati trovate prima tracce di indumenti femminili, ciuffi di capelli ossigenati. "Si era ipotizzato - spiega Micaela - che potesse essere un pullman di donne, di passaggio a Longarone, forse da oltreconfine, magari gente che doveva lavorare qui nelle valle". Vi fu anche un sopralluogo dell'Esercito, che - forse non scavando nel punto preciso - non portò a nulla. Coletti ne parlò anche con il procuratore di Belluno di allora, Fabbri, e con il sindaco, De Cesero. Si scelse di non approfondire ulteriormente. Anche perchè, fu la base del ragionamento, se si fossero voluti ricercare tutti i corpi dei dispersi si sarebbe dovuto rivoltare mezza Longarone già ricostruita. Anche Micaela Coletti sarà presente alle celebrazioni del 60/o anniversario, con il presidente Sergio Mattarella. Però non si aspetta niente. "Lo Stato - dice - è mancato in tutto questo tempo. Dopo 60 anni non ci aspettiamo più nulla". Nonostante i risarcimenti pagati ai sopravvissuti dall'Enel (che si sostituì con Montedesin alla Sade), - un milione di vecchie lire per un capo famiglia, 800mila lire per una mamma - i sopravvissuti hanno percepito un senso di abbandono da parte di Roma. "Per me, per noi sopravvissuti - conclude Micaela - lo Stato è sempre stato assente con chi è scampato al Vajont, pur perdendo tutto".

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