La marcia della memoria sul rastrellamento di ottanta anni fa, con migliaia di persone che hanno sfilato quest'anno fino al ghetto ebraico di Roma in una dolorosa osmosi tra gli orrori del presente e quelli del passato, quasi un monito per mettere in guardia dal pericolo che riaffiori l'odio, anche se in altre forme. Il 'sabato nero' degli ebrei romani, quando il 16 ottobre del 1943 alle 5.15 le Ss catturarono casa per casa più di mille persone per deportarle ad Auschwitz, è stato ricordato con una marcia silenziosa che ha sfilato sotto la pioggia dal Campidoglio fino allo slargo nel cuore del ghetto mai così sorvegliato, dove si è poi svolta una cerimonia alla quale ha partecipato lo stesso presidente della Repubblica, il quale alla Sinagoga ha deposto una corona di fiori. Tra i presenti in Largo 16 ottobre, al portico di Ottavia, anche il rabbino capo di Roma, Riccardo Di segni, il presidente della Cei, Matteo Zuppi, il presidente della Camera Luciana Fontana e i ministri Tajani e Piantedosi oltre a tanti studenti e cittadini, con il sindaco Roberto Gualtieri e Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant'Egidio che ha organizzato la marcia.
In un suo messaggio la senatrice a vita Liliana Segre ha ricordato a sua volta come soltanto in sedici tornarono da quella deportazione nei campi di concentramento, solo una donna e nessun bambino, concludendo che "ricordare è un dovere". E negli interventi di tanti esponenti istituzionali e rappresentanti della comunità sono inevitabili i riferimenti agli attacchi terroristici subiti in questi giorni da Israele: le violenze di Hamas non sono state ricordate solo sui muri del quartiere, ma anche nelle parole di chi è intervenuto.
Rivolgendosi a Mattarella, il rabbino capo di Roma ha detto: "Interpreto la sua presenza qua come un ulteriore segno della sua attenzione personale e della vicinanza delle istituzioni dello Stato alle nostre difficoltà, una risposta ferma e di principio, contro ogni tentativo di deformazione, confusione, sostegno politico e persino teologico alla barbarie di allora e di oggi, che ha il volto del terrorismo. In questi momenti bui - ha aggiunto citando un brano di Isaia - non rinunciamo alla nostra speranza per un mondo migliore, più giusto e meno violento, in cui con le parole di uno dei nostri grandi profeti, 'un popolo non alzerà la spada contro un altro e non studieranno più la guerra"'.
"Israele è l'unica democrazia del Medioriente oggi costretta ad una guerra per la sicurezza dei suoi cittadini", ha detto il presidente della comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, sorretto da un lungo applauso che si è levato dalla piazza quando ha ricordato Stefano Gay Taché, la piccolo vittima dell'attentato palestinese proprio fuori della sinagoga romana.
Durante la giornata anche il vicepremier Antonio Tajani, ha sottolineato che "le atrocità commesse da Hamas sulla popolazione civile israeliana rievocano la brutta pagina del genocidio degli ebrei". Per il sindaco di Roma Roberto Gualtieri bisogna "denunciare senza esitazione questa ideologia e questo atto di terrorismo che è stato criminale e che non riconosce il diritto di Israele all'esistenza" e sul fronte della sicurezza "occorre non abbassare la guardia ma occorre anche non farsi intimidire, per questo è stato giusto importante mantenere l'impegno di oggi".
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