E' già tempo di fibrillazioni e
contrasti interni nel governo laburista britannico di Keir
Starmer, ancor prima del compimento dei primi 100 giorni al
potere. E' questa l'interpretazione pressoché unanime dei media
del Regno Unito all'indomani della dimissioni da capo dello
staff del premier di Sue Gray, sinora potentissima 'zarina'
dell'apparato di Downing Street, sullo sfondo delle polemiche
sullo "scandalo dei regali" incassati dal capo del governo,
dalla first lady e da figure di primo piano compagine, nonché
dei sospetti di nepotismo e avidità sulla stessa Gray, garante
fra l'altro dell'accesso a Number 10 offerto al più generoso
donatore di sir Keir, l'uomo d'affari lord Waheed Alli.
Ufficialmente Gray, sbattuta sulle prime pagine per le
rivelazioni sul compenso d'oro - preteso a un livello più alto
dell'appannaggio del primo ministro in persona, come fatto
filtrare dall'interno del medesimo staff starmeriano in un clima
di scontri interni con altri consiglieri ed alti funzionari - si
è dimessa volontariamente per non rappresentare "una
distrazione". Ed è stata riciclata come emissaria del governo
centrale per i rapporti con le nazioni e le regioni del Regno.
Ma, sottolinea Chris Mason, political editor della Bbc, il suo è
in realtà un clamoroso "demansionamento" dal centro della
macchina del potere a un incarico "part time fino ad oggi
inesistente". Legato alle indiscrezioni che non hanno
risparmiato la sua stessa famiglia (a partire dall'ascesa dal
nulla di suo figlio a un seggio di deputato laburista) e persino
il ruolo da lei giocato 2-3 anni fa - in veste di funzionaria
dello Stato sulla carta neutrale ricoperto prima di passare armi
e bagagli nell'entourage di Starmer - nelle indagini
amministrative sul cosiddetto Partygate che contribuì alla
caduta dell'allora premier conservatore Boris Johnson.
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