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REPORTAGE I malati fuggono con gli aghi ancora nel braccio

REPORTAGE I malati fuggono con gli aghi ancora nel braccio

Scappano da ospedali, tanti nel centro Intersos a Korczowa

KORCZOWA (CONFINE POLONIA, 07 marzo 2022, 12:44

di Matteo Guidelli

ANSACheck

Rifugiati provenienti dall 'Ucraina al centro commerciale di Korczowa trasformato in rifugio in Polonia © ANSA/AFP

Rifugiati provenienti dall 'Ucraina al centro commerciale di Korczowa trasformato in rifugio in Polonia © ANSA/AFP
Rifugiati provenienti dall 'Ucraina al centro commerciale di Korczowa trasformato in rifugio in Polonia © ANSA/AFP

C'è chi passa il confine con gli aghi ancora infilati nelle braccia. Chi ha perso durante la fuga il glucometro e ha i valori della glicemia alle stelle. Chi si è caricato un parente sulle spalle prelevandolo direttamente dalla sala operatoria mentre cadevano le bombe. Nel centro commerciale di Korczowa trasformato in primo rifugio per i profughi che lasciano l'Ucraina, c'è un angolo con quattro lettini e altrettanti separé dove passano quelli che al dramma della guerra aggiungono anche il dolore della malattia.

Il pronto soccorso dei profughi l'ha allestito Intersos: con 2 medici, lo staff di supporto e un furgone arrivato domenica scorsa dall'Italia carico di medicinali. "Forniamo le prime cure e gli interventi d'emergenza collaborando con i paramedici del Comune - spiega il responsabile del programma sanitario Francesco Sinchetto - e stabilizziamo i malati, che poi vengono trasferiti in ospedale, al ritmo di un centinaio al giorno".

Sono già 600 quelli curati in una settimana. L'ambulatorio da campo è in questo enorme parallelepipedo di cemento come ce ne sono migliaia in tutta Europa: nel mondo che c'era prima che Putin invadesse l'Ucraina ospitava i negozi. Al posto degli scaffali con i vestiti ora si sono sistemati quelli che sono arrivati prima o le mamme con i bambini più piccoli; per tutti gli altri c'è, quando va bene, una brandina nei corridoi. Ci sono duemila persone, ne passano circa 6mila al giorno. Il 20% sono uomini, ma solo anziani e malati. Nessuno usa la mascherina, il rischio che il centro diventi un potenziale cluster di Covid è altissimo considerata anche la bassa percentuale di vaccinazioni in Ucraina. "Al momento non abbiamo riscontrato casi, ma la possibilità è concreta" dicono i volontari.

Nel centro si ricevono vestiti, cibo caldo, prime cure. Poi scatta il trasferimento. Ci si ferma al massimo due notti. Anche di più se non si sa dove andare. La macchina dell'accoglienza funziona e soprattutto è scattata la gara alla solidarietà: è pieno di gente arrivata da ogni parte d'Europa che offre passaggi e alloggi gratis a Parigi, Berlino, Amsterdam.

La dottoressa Alice Silvestro prima di arrivare nell'ultimo lembo di Polonia lavorava a Borgo Mezzanone, il ghetto dei migranti a Foggia, un posto che è peggio di quest'orrido centro commerciale. "La speranza è che questo rimanga un centro di transito e basta, quello in Puglia è un insediamento permanente.

Questa è la grande differenza, ma la disperazione è uguale". La maggior parte di quelli che vengono visitati, fortunatamente, non ha problemi fisici gravissimi. Le patologie principali, racconta ancora Sinchetto, "sono legate al freddo, in particolare per i bambini, o ad affaticamenti muscolari: sono persone che sono rimaste giorni in macchina o nei treni. Oppure hanno camminato per decine di chilometri prima di raggiungere il confine". Ci sono però i problemi psicologici. E sono ben più pesanti. Bastano dieci minuti di visita: appena capiscono di essere finalmente al sicuro i profughi si lasciano andare. Crisi di panico e pianto a dirotto. "E' un pianto inconsolabile - dice Silvestro - non so cosa possono aver visto per piangere in quella maniera. Ma non si danno pace".

Poi ci sono anche i casi gravi. Alina è scappata dall'ospedale due giorni dopo aver partorito con un taglio cesareo e appena è stata visitata le hanno diagnosticato un'anemia post partum che ha richiesto un ricovero d'urgenza in ospedale. Artur, invece, se lo sono trovato davanti con l'ago in vena e il catetere ancora attaccato. "Era in sala operatoria, a Kiev, per un intervento alla schiena, quando sono iniziati i bombardamenti - spiega Silvestro - il fratello se lo è caricato sulle spalle e lo ha portato via. Hanno passato cinque giorni in un bunker, poi sono riusciti a lasciare la città ed arrivare fin qui". Artur ora è in ospedale, ce la farà. E in ospedale sono stati trasferiti anche due bambini malati oncologici.

Ecco, i bambini. "I più piccoli fortunatamente non hanno capito costa sta succedendo. Ma quelli dai 3 anni in su sono sotto choc. E' difficile comunicare con loro, tirargli fuori qualsiasi cosa". Quando i volontari prendono il termometro elettronico per misurare la temperatura, quell'oggetto diventato ormai così comune in due anni di pandemia, però non ce n'è uno che non fa un salto all'indietro: assomiglia troppo ad una pistola. "Sono traumatizzati - dice ancora Silvestro - hanno lo sguardo spento". Quello di chi ha conosciuto cose che a quell'età non si dovrebbero neanche poter immaginare.
   

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