Niente vendite pure e semplici a
privati, ma valorizzazioni e concessioni di lungo periodo. E'
quasta, secondo il sottosegretario al Mef, Pier Paolo Baretta,
la strategia da seguire nella gestione del patrimonio pubblico
italiano, fatto di 7000 Km di coste e spiagge, oltre 4000 musei,
quasi 300 parchi archeologici, ben 600 complessi monumentali,
più di 60 siti patrimonio dell'Unesco.
"Alcuni anni fa, - ha detto alla presentazione dei risultati
2017 dell'Agenzia del Demanio - a fronte della rilevante
dimensione del nostro debito, si sviluppò un impegnato dibattito
accademico secondo il quale, per risolvere il problema, bastava
alienare il nostro patrimonio pubblico (o nella versione più
edulcorata, cartolarizzarlo). Si trattava di un'illusione
ottica, sia perché il 75% del patrimonio è di proprietà degli
Enti locali; sia perché una parte rilevante è occupata da uffici
pubblici". Ma, secondo Baretta, "la linea della pura alienazione
è sbagliata, anche perché il valore di mercato di beni storici e
ambientali è, in molti casi, francamente, incalcolabile, tanto
da rendere tale patrimonio non così facilmente cedibile come
veniva raccontato". Ed è, soprattutto, anche "inconciliabile con
la responsabilità civica di amministrare una ricchezza di questa
portata e qualità, che non può essere gestita come un qualsiasi
bene economico".
Per questo dalla logica dell'alienazione si è passati a
quella della valorizzazione. "La traduzione operativa di questa
impostazione è stata la 'concessione di lungo periodo' - ha
osservato - che consente non solo di valorizzare il bene, senza
rinunciare alla proprietà, ma, anche, di ottenere significativi
risultati economico-finanziari (aspetto non secondario del
nostro compito): dai fari ai borghi, dalle caserme ai cammini".
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