Il 2021 chiuderà con una crescita del Pil del 6,2% e dei consumi del 5,1% ma alcuni settori registrano cali ancora a 2 cifre rispetto ai valori del 2019: per ristorazione e alberghi la perdita dei consumi è rispettivamente, del 27,3% e del 35% rispetto a 2 anni fa; per i servizi culturali e ricreativi del 21,5%; per i trasporti il 16% e per l'abbigliamento e le calzature il 10,5%. Sono i dati del consuntivo 2021 elaborato dall'Ufficio Studi di Confcommercio che sottolinea come il recupero prosegua più lento del previsto e per i consumi (-7,3% rispetto al 2019) il completo ritorno ai livelli pre-pandemici non avverrà prima del 2023.
Se nel 2021 rispetto allo scorso anno tutti i settori hanno registrato crescite nette rispetto invece al periodo pre pandemia i consumi degli italiani sono aumentati solo nei settori degli alimentari e bevande (2,6%), nelle comunicazioni (5,6%) e nelle spese per la casa (gas elettricità e combustibili 1,2). Tutti gli altri registrano un segno meno.
"Per una ripresa più robusta bisognerà, dunque - secondo Confcommercio - attendere condizioni macroeconomiche più favorevoli, anche perché la nuova ondata pandemica, con le conseguenti restrizioni e, soprattutto, l'accelerazione inflazionistica innescata dai prezzi delle materie prime, rischiano di bloccare l'ampio potenziale di consumo delle famiglie: l'eccesso di risparmio forzoso e precauzionale accumulato negli ultimi due anni difficilmente troverà sbocchi favorevoli in condizioni di nuova incertezza pandemica e inflazionistica". In questo contesto - conclude quindi l'associazione - è indispensabile sostenere in particolare le componenti della filiera turistica e le sue estensioni alla convivialità e alla cultura adottando misure sugli ammortizzatori sociali, senza aggravi di costo per le imprese, e sull'accesso al credito, ma anche interventi fiscali e contributi a fondo perduto parametrati alle perdite subite.
Per il turismo il 2021 è il secondo anno di fila di crisi. Lo rileva l'osservatorio di Federalberghi i cui dati mostrano che nell'anno appena trascorso sono andate in fumo 148 milioni di presenze turistiche. Per fare un raffronto con il 2019 (l'ultimo anno pre-pandemico), è come se si fosse cancellato un pernottamento su tre. Se guardiamo ai soli turisti stranieri, la perdita diventa di uno su due per un totale di 115 milioni presenze estere perse.
La paura frena la spesa delle famiglie e il riacutizzarsi della pandemia ha avuto un impatto generalizzato sulle modalità di consumo degli italiani. A farne le spese sono soprattutto pubblici esercizi, commercio e turismo. A lanciare l'allarme è Confesercenti che chiede un intervento rapido del governo e pubblica i risultati di un sondaggio realizzato con Ipsos secondo il quale il 51% dei consumatori dichiara di evitare di servirsi di bar o ristoranti, o comunque di aver ridotto la frequentazione di pubblici esercizi e locali. Il 32% - un italiano su tre - ha invece rinunciato a fare un viaggio o ha disdetto una vacanza già prenotata. Una quota identica - sempre il 32% - ha evitato o ridotto gli acquisti nei negozi per timore degli assembramenti. L'effetto, secondo l'associazione dei commercianti si riflette anche sui saldi, con un milione di clienti che avrebbe rinunciato a fare shopping per paura dei contagi. E anche chi lo fa lo stesso adotta comportamenti più prudenti: il 25% non entra nei negozi se vede troppe persone, e preferisce fare la fila fuori dai punti vendita.
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