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Pensioni: verso ritocchi per donne e senza-lavoro

Pensioni: verso ritocchi per donne e senza-lavoro

Le ipotesi sul tappeto per la flessibilità in uscita

21 settembre 2015, 14:49

Redazione ANSA

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La possibile reintroduzione della cosiddetta "opzione donna" per favorire un'uscita anticipata per chi ha già tanti anni di lavoro alle spalle e l'introduzione di una "flessibilità" limitata solo ai lavoratori che a ridosso della pensione perdono il lavoro e non riescono a trovarne altri. Sarebbero questi i due principali interventi sui quali sono al lavoro i tecnici di Palazzo Chigi e dei due ministeri dell'Economia e del Lavoro. I dossier erano aperti con l'obiettivo di studiare una soluzione da introdurre entro fine anno, ma la risposta del premier Matteo Renzi ad un lettore dell'Unità ha dato una nuova accelerazione ai progetti di flessibilità in uscita. Si lavora per portare le misure già al varo della prossima legge di Stabilità. I tempi però sono strettissimi. Servono simulazioni e calcoli precisi. Così non è escluso che le novità possano essere introdotte con un emendamento nel corso del'iter della manovra.

Nella quale il governo punta anche a reperire le risorse per finanziare la 'salvaguardia' per l'ultimo pacchetto di esodati rimasti intrappolati senza lavoro e senza pensioni dagli effetti della riforma Fornero. I paletti sono chiari. La flessibilità possibile, per ora, sarà limitatissima. Dovrà essere compatibile con i conti e le priorità (prima tra tutte la cancellazione della Tasi) previste dalla Legge di Stabilità. Per questo affronterà situazioni di emergenza. Tra queste quella delle donne e dei disoccupati anziani. Per le donne il 2016 prospetta al momento l'arrivo di uno "scalone" per andare in pensione. Da gennaio serviranno quasi due anni in più per uscire dal lavoro.

Più precisamente per le lavoratrici del settore privato l'aumento è di 1 anno e 10 mesi con il passaggio da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi. La pillola potrebbe essere resa meno amara consentendo ancora l'applicazione della cosiddetta Opzione Donna che consente di andare in pensione con 57 anni d'età e 35 di contributi, ma con tutto l'assegno calcolato col metodo contributivo (e quindi con una perdita media del 25%-30%). E' un'opzione possibile - ha detto lo stesso presidente dell'Inps, Boeri - ma certamente è molto penalizzante. Ma andrebbe incontro alle lavoratrici che, come ha spiegato Renzi recentemente, magari sono disponibili a rinunciare ad un pezzetto di pensione per fare la nonna e guardare i nipotini. L'altra ipotesi di flessibilità è finalizzata ai senza lavoro che a 2-3 anni dalla pensione non trovano nuova occupazione. Per loro si era valutata la possibilità di varare il cosiddetto "prestito pensionistico" studiato dall'ex ministro Giovannini: un assegno di alcune centinaia di euro da restituire poi quando si prenderà la pensione. Sembrano archiviate invece scelte più radicali: quella avanzata in Parlamento da Damiano-Baretta (2% di taglio per ogni anno di anticipo con un limite dell'8%) e quella sulla "quota 100" tra età e contributi per i costi che potrebbero avere. Secondo i calcoli dell'Inps, esposti dal presidente Boeri in un'audizione alla Camera a giugno, le due ipotesi costerebbero a regime rispettivamente, se tutti coloro che ne hanno diritto utilizzassero l'opzione, 8,5 e 10,6 miliardi l'anno. Troppo per i conti dell'Italia.

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