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La Fenice e l'incendio del capitale

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La Fenice e l'incendio del capitale

Flashover di Giorgio Franco tra romanzo e saggio

ROMA, 15 marzo 2021, 10:12

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GIORGIO FALCO, ' 'FLASHOVER - Incendio a Venezia ' ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

GIORGIO FALCO,  	' 	'FLASHOVER - Incendio a Venezia 	' 	' - RIPRODUZIONE RISERVATA
GIORGIO FALCO, ' 'FLASHOVER - Incendio a Venezia ' ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

La sera del 29 gennaio 1996 l'antico teatro la fenice va completamente distrutto in un incendio che lascia in piedi solo i muri perimetrali. ''Cosa sono i resti della Fenice? Rovine di Venezia? Macerie del capitale?'' il libro documento, narrazione, saggio di Giorgio Falco è un tentativo di risposta articolata e complessa a queste domande, iniziando dalla differenza tra rovine, ''testimonianza del tempo estrapolato dal suo flusso storico'', e le macerie, ''un accumulo di produzione ....
    spreco, abbandono, distruzione'', e qui l'artefice del disastro è il cugino padrone Enrico Carella ''piccola pedina del capitale'', giovane che mira al lusso e ai soldi facili e per questo si fa imprenditore, grazie ai favori del padre che gli fa avere il subappalto di lavori elettrici alla Fenice, senza capacità e qualità, ''tanti schei ma le man sbuse''.
    Sommerso dai debiti, in ritardo sui tempi e con la minaccia di una penale di una quindicina di milioni, questi, con la complicità del suo cugino dipendente Massimiliano Marchetti, pensa con un piccolo incendio locale di ottenere nuovi tempi per i lavori, evitando di pagare. Però l'incoscienza e l'imperizia fanno sì che ben presto quelle fiamme si propaghino a tutto il teatro sino al flashover (in gergo il momento del fuoco generalizzato e non più controllabile), creando il disastro, i circa cento miliardi di danni, con i pompieri che, più che salvare la Fenice devono evitare che le fiamme arrivino agli edifici vicini diffondendosi per Venezia.
    Falco in ''L'ubicazione del bene'' aveva raccontato di anonimi lavoratori che trovano un senso al loro essere e faticare accendendo muti e adattandosi al potere del capitalismo consumista con una speranza che poi, per una piccola cosa imprevista, precipita nella disillusione e la sconfitta. Il padre di Carella era forse di quella generazione e il figlio di quella successiva, disilluso dall'inizio, senza un'idea di futuro, deciso ad avere tutto e subito, indebitandosi magari per dei mocassini di lusso, incongrui per andare a lavorare al cantiere del teatro e che si salveranno con lui mentre bruceranno i suoi attrezzi di lavoro.
    Il racconto dei due cugini, il padrone e il dipendente, della loro vita famigliare, delle loro donne e dei prestiti estorti qui e là da parenti e amici, il resoconto dell'incendio e le sue conseguenze su persone e cose si avvale di ricreazioni e fatti presi dai verbali dell'inchiesta, con le analisi di laboratorio che siccome ''ogni incendio, anche il più distruttivo conserva le tracce della propria origine, una sorta di informazione genetica'', permetteranno al giudice di risalire poi ai colpevoli. Sul filo di questo resoconto si legano altri episodi, divagazioni, sconfinamenti nella realtà socio economica di Venezia e generale, riflessioni, connessioni e associazioni causali e verbali in un gioco saggistico narrativo che amplifica la banalità di un gesto con l'enormità delle conseguenze, generando una visione del mondo e dell'epoca, il propagarsi di quelle fiamme a illuminare un incendio generale, l'incendio del capitale che regola il mondo. Non a caso l'inizio è simbolico, col racconto del Carella che va ad acquistare una costosa BMW, che non può permettersi, e ha un momento incisivo nell'elenco di tutto ciò che per compiersi ha bisogno di soli tre minuti, da un piccolo incendio che arriva al flashover all'azione di un medicinale, dal tempo minimo che un call center deve far durare una telefonata a tanti altri processi produttivi: ''tre minuti è il fondamento dell'organizzazione capitalistica degli ultimi decenni, la manifestazione scatologica del nostro mondo'' (che Falco aveva già intuito nel suo libro d'esordio ''Pausa caffè''). Una lettura quindi assolutamente affascinante, anche poetica a tratti, ma non facile, che richiede attenzione per non perdersi o restare sommersi dalle accensioni creative, intellettuali, linguistiche, col passare dalla veemente denuncia delle mille vie o piazze d'Italia intitolate ad Almirante (nonostante il suo rinvio a giudizio per favoreggiamento aggravato nei confronti di terroristi neofascisti, come accertato dal sostituto procuratore Felice Casson, lo stesso che poi indagherà sull'incendio alla Fenice) a ricordi di vita e giochi di bambini tra l'isola di Sacca a Fisola e quella che diffonde veleni con l'inceneritore di Sacca S. Biagio, contornata da cadaveri di bestie che marciscono nella laguna, sino similitudini e differenze tra Hayashi Yoken, che brucia il tempio quattrocentesco con le reliquie del Budda narrato nel romanzo ''Il padiglione d'oro'' dallo scrittore giapponese Mishima, e il nostro Enrico Carella, distruttori di bellezze di cui per egocentrismo non hanno contezza e da cui sono esclusi, chiusi dietro una maschera che cela il nulla, come nelle iconiche foto di Sabrina Ragucci che costellano le pagine di questo particolarissimo, inquietante libro.
   

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