ÁLVARO ENRIGUE, IL SOGNO
(FELTRINELLI, PP. 224, EURO 18)
Álvaro Enrigue, una delle più influenti voci contemporanee,
torna con Il sogno, romanzo storico, uscito in Italia per
Feltrinelli, nella traduzione di Pino Cacucci. Ambientato nel
Cinquecento, Il sogno racconta del conquistador Hernán Cortés e
dell'imperatore del Messico Montezuma: l'incontro tra i due
cambiò il mondo e portò alla fine dell'impero azteco.
La scrittura di Enrigue è pungente, connessa con la pittura.
Le immagini nette: "Se ne stava rannicchiato in un angolo della
sua cella, alla maniera dei macegual: le natiche sui talloni,
gli avambracci appoggiati sulle ginocchia. Coperto dal saio ed
emanando fumo, sembrava un piccolo vulcano". Punto di forza
dello stile di Enrigue è il connubio di ironia e realismo,
miscela perfetta negli episodi conviviali.
È un banchetto ad aprire il primo capitolo. Il capitano
Caldera, uno dei protagonisti, non riesce a mangiare il brodo di
tacchino e fiori di zucca che ha davanti; vorrebbe certamente
assaggiarlo, perché è affamato, e oltretutto il piatto gli
appare squisito. Eppure proprio non ce la fa ad avvicinare la
bocca al cibo, colpa del pessimo odore dei commensali. Uno di
loro ha una foltissima e lunga "chioma scarmigliata" nonché
sporca, "inzaccherata di sangue sacrificale accumulato da vari
lustri". Accanto a lui siedono sacerdoti che compiono riti
sacrificali di animali e guerrieri. Caldera esita a mandar giù
la cioccolata sciolta in acqua e miele con peperoncino e
vaniglia, fortemente infastidito dall'"odore selvatico di lupo
che emanavano i compagni di tavolata".
La schiettezza e l'aderenza al vero di Enrigue, a ben cercare
nella memoria letteraria, riportano alla mente certe pagine
manzoniane. Manzoni, padre del romanzo storico italiano, nei
Promessi Sposi si sofferma sui pasti collettivi, uno su tutti il
sontuoso banchetto di don Rodrigo: nella sala del palazzo
risuona un gran frastuono di forchette, coltelli, bicchieri,
piatti. Manzoni dà spazio anche a osti e locande, accenna alle
portate, indimenticabili le polpette del settimo capitolo "che
farebbero resuscitare un morto".
I pranzi, i piccoli gesti quotidiani, trovano un posto di
primo piano nel Sogno. L'imperatore Montezuma è immortalato
mentre addenta "una tortilla con grilli chapulines in salsa di
avocado" e si pulisce i denti con le unghie; o nel momento in
cui si appresta a consumare un "filetto di trota con erbe
aromatiche di papalo bagnato in salsa pipian a base di semi di
zucca". Enrigue, lettore infaticabile, dissemina il testo di
tributi e omaggia Calderón de la Barca e Borges. L'ironia,
l'occhio attento ai dettagli, rendono Il sogno davvero
avvincente.
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