Il presidente del Sindacato dei giornalisti egiziani, Yehia Qalash, e altri due dirigenti dell'organizzazione sono indagati ieri dalla Procura del Cairo e, avendo rifiutato di pagare una cauzione, sono stati trattenuti in commissariato. Lo riferiscono fonti giudiziarie precisando che l'inchiesta riguarda la vicenda dei due giornalisti, Amr Badr e Mahmoud el Sakka, arrestati il primo maggio in maniera clamorosa all'interno della sede del sindacato al Cairo.
Assieme al presidente Qalash sono stati trattenuti in un commissariato del centro del Cairo anche il segretario generale del sindacato, Gamal Abdel Reheem, e il capo del Comitato per le libertà (quindi numero tre dell'organizzazione) Khaled El-Balshy, precisano le fonti. I tre "sono accusati di aver protetto i giornalisti ricercati dalla Sicurezza e pubblicato false informazioni sull'intervento" condotto nella sede del sindacato per arrestarli, precisano le fonti. La procura ha deciso di "rimettere in libertà i tre responsabili del sindacato dei giornalisti contro il pagamento di 10 mila Sterline egiziane" (poco più di mille euro) ciascuno. Ma Qalash e gli altri due "si sono però rifiutati di versare la somma e sono stati detenuti al comissariato di Qasr el-Nil dove hanno passato la notte in attesa di comparire di fronte alla Procura".
L'arresto di Badr ed El Sakka, compiuto in maniera senza precedenti all'interno della sede centrale del sindacato al Cairo, aveva suscitato proteste di piazza da parte dei giornalisti e una contrapposizione con il ministero dell'Interno. Parte dei giornalisti, quelli più legati al governo, hanno però preso le distanze dai vertici dell'organizzazione. Quello di Badr, assieme all'avvocato Malek Adly e al 'consulente' Ahmed Abdallah, è uno dei tre casi giudiziari che la famiglia di Giulio Regeni ha chiesto a rappresentanze diplomatiche, ong e media di seguire da vicino per evitare un accanimento giudiziario.
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