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Ocse: Pil Italia +0,4% quest'anno, +1,3% nel 2016

Ocse: Pil Italia +0,4% quest'anno, +1,3% nel 2016

Programma di riforme governo ambizioso. Da liberalizzazioni maggior impatto su crescita che da Jobs Act

20 febbraio 2015, 00:27

Redazione ANSA

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Il Segretario Generale dell 'Ocse, Angel Gurria (Archivio) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il Segretario Generale dell 'Ocse, Angel Gurria (Archivio) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Il Segretario Generale dell 'Ocse, Angel Gurria (Archivio) - RIPRODUZIONE RISERVATA

LE PREVISIONI SU CRESCITA E OCCUPAZIONE - Il Pil dell'Italia dovrebbe crescere quest'anno dello 0,4%, per accelerare nel 2016 all'1,3%. Lo stima l'Ocse nel suo rapporto sull'Italia, che appare più pessimista rispetto alle previsioni della Commissione Ue in cui si stima una crescita del Pil dello 0,6% per quest'anno. Mentre la cifra sul 2016 è la stessa. Un dato, quello dell'Ocse, che però lo stesso Segretario Generale Angel Gurria ritiene eccessivamente cauto, visto che l'Italia dovrebbe arrivare quest'anno allo 0,6%. L'istituzione con sede a Parigi prevede poi un tasso di disoccupazione al 12,3% quest'anno e all'11,8% il prossimo e un debito/Pil rispettivamente a 132,8% e 133,5%.

BENE LE RIFORME, MA CRUCIALE ATTUARLE - L'organizzazione internazionale commenta anche il percorso di riforme avviato dal governo: "Dopo un lungo periodo di stagnazione l'Italia sta intraprendendo un programma di riforme ambizioso e di ampio respiro per stimolare la crescita", si legge nel documento in cui si sottolinea che il piano in corso può "rafforzare la crescita media annua del Pil pro capite di 0,6 percentuali nei prossimi 10 anni". Il Segretario Generale dell'Ocse, commentando il documento nel corso di una conferenza stampa congiunta, ha detto: "Nel passato l'attuazione delle riforme è stato il punto di debolezza dell'Italia, ma anche in questo campo ci sono segnali incoraggianti". Inoltre, ha aggiunto, "Renzi ha scelto chiaramente un team efficace, nel 2014 si sono fatti grandi passi avanti sulle riforme". E' vero anche, ha proseguito, che "molto resta da fare". Nel documento, tuttavia, proprio al governo si ricorda che è "particolarmente importante" aumentare la concorrenza con liberalizzazioni nelle industrie di rete, nei servizi locali, nelle professioni regolamentate e nella vendita al dettaglio. L'Istituzione stima, infatti, a +2,6 punti l'impatto sul Pil in cinque anni delle liberalizzazioni contro +0,6 punti dal Jobs Act. Eppure, sempre nel rapporto, si sottolinea anche come "la priorità assoluta resti la riforma del mercato del lavoro, la cui eccessiva rigidità rappresenta un ostacolo alla creazione di posti di lavoro". E lo stesso Gurria, parlando a fianco del ministro Pier Carlo Padoan e altri esponenti dell'Esecutivo, ha rimarcato come il Jobs Act possa essere "il vero motore di cambiamento" per l'economia italiana. Efficacia su cui scommette anche il ministro dell'Economia: la riforma del mercato del lavoro produrrà "un beneficio gigantesco", con "più occupazione, ricchezza, e quindi più fiducia dei cittadini", ha detto Padoan. Un beneficio anche molto importante. L'Ocse prevede infatti che le riforme strutturali potrebbero "determinare un incremento del Pil pari al 6% nei prossimi 10 anni".

CRITICHE - Sul fronte delle critiche, l'organizzazione parigina rileva come "una delle debolezze del sistema fiscale sia l'elevato numero di agevolazioni fiscali. Riducendole si amplierebbe la base imponibile", con pari entrate ma aliquote più basse. I 720 casi di agevolazioni e in particolare quelle sull'Iva, è la raccomandazione ha "urgente bisogno di essere revisionata". Il report tratta anche del nodo dei crediti deteriorati, sottolineando che In assenza di rapidi progressi "l'istituzione di una bad bank pubblica potrebbe essere presa in considerazione in Italia". Altro capitolo delicato è quello del debito: L'Italia deve "attenersi alla strategia fiscale pianificata in modo da riportare il rapporto debito/Pil su un percorso discendente". In particolare, con "il bilancio strutturale in pareggio già nel 2014, l'Italia ha raggiunto il punto necessario a ridurre il rapporto debito/Pil nel medio termine" quindi "una volta chiuso il divario tra prodotto effettivo e potenziale, e imboccata la strada della crescita, il debito si ridurrà stabilmente, raggiungendo il 60% del Pil subito dopo il 2030". Il rapporto ricorda anche che la lotta alla corruzione e all'evasione restano una "priorità".

 

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