Estorsione aggravata dal metodo
mafioso: è l'accusa mossa nei confronti di tre persone raggiunte
da altrettante ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse
dal Gip. I provvedimenti sono stati notificati dalla Polizia di
Stato, su delega della Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Uno dei tre è stato già condannato in via definitiva
per l'appartenenza alla "stidda".
Le indagini condotte dalla squadra mobile di Agrigento e dal
commissariato di Canicattì sono iniziate ad aprile dello scorso
anno, dopo il danneggiamento e l'incendio della saracinesca di
un magazzino a Canicattì. Gli arrestati, per preservare gli
interessi economici e imprenditoriali del titolare di
un'autofficina, anch'egli arrestato, avrebbero costretto la
vittima dell'estorsione a non concedere in locazione un
magazzino di sua proprietà a una persona che avrebbe potuto far
concorrenza all'officina esistente. I tre sarebbero andati a
casa della vittima e uno di loro avrebbe rimarcato
l'appartenenza alla stidda e ricordandole che in quella zona
comandava lui.
L'uomo condannato per l'appartenenza alla stidda è stato
indicato da diversi collaboratori di giustizia come inserito nel
gruppo stiddaro di Canicattì e, pertanto, era finito nel mirino
della locale consorteria di cosa nostra che intendeva ucciderlo,
sorte toccata proprio al figlio, ucciso dal clan rivale nel
corso della guerra di mafia. Le indagini si sono avvalse anche
delle dichiarazioni della vittima e dei suoi congiunti.
C'è anche Antonio Maira, 74 anni, fra i destinatari delle
tre ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite, a
Canicattì, dai poliziotti della squadra mobile e quelli del
commissariato cittadino. Le altre due ordinanze di custodia
cautelare in carcere sono state eseguite a carico di Antonio La
Marca di 34 anni e Giovanni Turco di 24 anni. Nel maggio del
2021, la divisione polizia Anticrimine della questura di
Agrigento eseguì, a carico dei fratelli Antonio e Giuseppe
Maira, una misura di prevenzione patrimoniale che portò al
sequestro di immobili e depositi bancari per circa 400 mila
euro.
Antonio Maira - secondo quanto venne, nel maggio del 2021,
ricostruito dalla Questura - è stato 'militante' già negli anni
Ottanta della Stidda, subì diverse condanne tra cui quella più
pesante inflittagli, con la pubblica accusa sostenuta
dall'allora giovane magistrato Rosario Livatino. A dire dei vari
collaboratori di giustizia, il giudice Livatino fu ucciso
proprio perché aveva inflitto forti condanne ad affiliati della
Stidda, tra cui appunto figurava Antonio Maira.
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