GAETANO PERRICONE: L'ULTIMA PARTITA (ALGRA EDITORE, 177 PAGINE, 14 EURO) La metafora calcistica è quasi obbligatoria: Giorgio, tifoso accanito del Palermo sin da bambino, sta giocando la partita della vita con due avversari spietati. Con amara ironia li chiama "Pancrazio" e "Polmazio": le due forme di tumore al pancreas e al polmone che non lasciano scampo. Sono dieci mesi di dolore e di sofferenze sui quali Giorgio Fici vuole lasciare una testimonianza viva, autentica, drammatica fatta di ricordi condivisi con gli amici. E proprio a un amico giornalista, Gaetano Perricone, chiede di ripercorrere i passaggi della sua esistenza, tra gioie e passioni, fino alla sfida finale. Il caso diventa così un libro di testimonianza e di memorie collettive, "L'ultima partita. La sconfitta di un gigante".
Giorgio Fici aveva scelto la professione di fisioterapista pur venendo da una famiglia di magistrati. Il padre Luigi aveva dato l'impulso decisivo all'inchiesta sull'uccisione del commissario Cataldo Tandoy ad Agrigento, incanalata verso una falsa pista. Il fratello Giuseppe è un magistrato della Procura generale di Palermo che ha rappresentato l'accusa in vari e importanti processi di mafia.
La testimonianza più sofferta è quella della moglie Giusy: gli teneva la mano, in un letto di ospedale, quando Giorgio ha chiuso la sua partita con il male. Riaffiorano così momenti di tenerezza ma anche di gioia e di ironia: i tratti di una persona animata da uno spirito gioviale, amante della buona musica, tifoso di calcio. Perricone ne propone un racconto corale che coglie il senso di una dolorosa esperienza umana: si resta se stessi anche quando il male sopravanza.
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