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Il 'laboratorio' Sicilia dal fascismo alla democrazia

Il 'laboratorio' Sicilia dal fascismo alla democrazia

Due giorni di studi a Palermo con storici di varie università

PALERMO, 15 maggio 2024, 14:59

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

Storici, ricercatori, studiosi di varie università italiane parteciperanno per due giorni, il 17 e 18 maggio, a Palermo a una riflessione promossa dall'Istituto Gramsci Siciliano sul travagliato passaggio dal fascismo alla democrazia. Quel processo era cominciato proprio in Sicilia con lo sbarco degli alleati il 10 luglio 1943 e aveva determinato, con il crollo del nazifascismo e delle sue basi di massa, un nuovo ordine mondiale.
    L'accoglienza riservata agli invasori alleati ha rappresentato, secondo la storica Manoela Patti dell'università di Palermo e autrice di studi sulla Sicilia e gli alleati, "l'aspetto più evidente di questo processo, maturato nella popolazione civile e nell'esercito durante i difficili anni del conflitto". Gli occupanti si trasformarono così in liberatori e la popolazione "ne salutò l'arrivo come il momento che segnava la fine della guerra".
    "L'isola - è il giudizio di Patti - fu il primo pezzo d'Italia ma anche d'Europa conquistato, occupato e amministrato dagli anglo-americani. Per questo essa rappresentò per gli alleati un laboratorio in cui sperimentare le politiche d'occupazione, da estendere ai territori occupati, che cercavano di conciliare il principio dell'autodeterminazione dei popoli con le necessità militari".
    Per alcuni mesi la Sicilia rimase fuori dal processo avviato con lo sbarco prima e la caduta del fascismo dopo. "Furono i partiti politici a dimensione nazionale a riannodare le fila con la società nazionale, a raccogliere nella società regionale le energie necessarie per affrontare problemi antichi e recenti", sostiene lo storico Rosario Mangiameli che sullo sbarco e sul dopoguerra siciliano ha fatto importanti ricerche. Il processo democratico passò in Sicilia attraverso la spinta alla partecipazione e le lotte del movimento contadino. "All'utopia reazione proposta dai separatisti e all'insorgenza di una mafia legata agli interessi del latifondo i partiti nazionali contrapposero - sottolinea Mangiameli - un progetto autonomista come programma di sviluppo inquadrato in una visione perequativa". La Sicilia diventò così laboratorio non solo politico ma anche culturale e sociale "parte importante dell'Italia democratica".
   

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