Un funzionamento simile a quello
di un 'cuore pulsante', con un serbatoio magmatico più profondo
che ne alimenta costantemente uno più superficiale, dove i gas
pressurizzano dando origine alla raffica di fontane di lava. E'
il risultato del modello elaborato per l'Etna da un team di
ricercatori dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia
(Ingv) pubblicato sulla rivista 'Applied Sciences'.
Lo studio si è concentrato su una serie di quattro fontane di
lava che hanno interessato il cratere Voragine del vulcano
attivo più alto d'Europa nel dicembre del 2015 ed ha consentito
di definire le dinamiche e le velocità di trasferimento del
magma da una camera magmatica profonda a una più superficiale.
Lì il magma, ricco di gas, staziona temporaneamente accumulando
pressione.
"La sorgente di pressurizzazione profonda - spiega Alessandro
Bonforte, ricercatore dell'Ingv e primo autore dell'articolo -
fornisce magma ricco di gas a un serbatoio più 'superficiale'
situato a una profondità di circa 1,5-2 chilometri. Quando la
pressione del gas supera quella di contenimento delle rocce, si
verifica l'eruzione violenta sotto forma di parossismo. Questo
meccanismo combinato di due livelli di 'stoccaggio' del magma a
diverse profondità rappresenta, dunque, il possibile 'motore'
delle sequenze di eventi così rapidi e violenti". "Il modello da
noi proposto - spiega Bonforte - suggerisce un meccanismo in cui
un serbatoio di media profondità carica un serbatoio più
superficiale ad una profondità che consente al gas di separarsi
dal resto del fuso, aumentando così la pressione. Tutto tace
finché la pressione del gas presente all'interno del magma non
risulta troppo elevata. In sostanza si apre la valvola e si
verifica il parossismo, che drena il magma dalla sorgente più
superficiale e dal resto del sistema, che è continuo. Una volta
scaricata la pressione in eccesso, la valvola si chiude e il
ciclo ricomincia".
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