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Sa Die: l'isola di chi parte e arriva

Sa Die: l'isola di chi parte e arriva

Storie di migrazione nel giorno della festa del popolo sardo

CAGLIARI, 28 aprile 2016, 18:58

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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di Stefano Ambu

Mamadou M'Bengue, Dakar, Senegal: da ventidue anni in Sardegna. Alberto Cauli, Oristano, Sardegna: da tre anni in Nuova Zelanda. Due storie emblematiche di migranti: in entrata e in uscita. Lontani da dove sono nati, e in entrambi i casi la scelta sembra proprio definitiva. Sono due degli ospiti dell'evento al Teatro Massimo organizzato nell'ambito delle manifestazione per Sa Die de sa Sardigna, la giornata dedicata alla celebrazione della 'cacciata' dei piemontesi dall'isola nel 1794.

Un'edizione che quest'anno la Regione ha voluto dedicare a tutti i migrantes. Una scelta che ha provocato molte polemiche. Motivo? Sa Die è una festa dei sardi che non ha nulla a che fare con chi sardo non è: queste le ragioni del no. Ma le storie raccontate questo pomeriggio dicono che anche le migrazioni fanno parte della storia della Sardegna.

Mamadou M'Bengue è entrato in Italia 22 anni fa. E ha fatto di tutto: venduto fazzoletti per strada, poi lavapiatti e cuoco in Costa Smeralda. Prima era a Sassari, ora è a Cagliari, sposato con una cagliaritana. E padre di due figli. "Il mio presente e il mio futuro sono qui - spiega all'ANSA - Sono onorato di essere stato invitato: io faccio parte di questa Sardegna, ho i miei figli e il mio futuro in questa terra che mi ha dato tanto". Ora lavora come mediatore culturale, parla perfettamente l'italiano: si occupa di progetti che riguardano anche integrazione e bambini.

"Lo facevo anche a Dakar - racconta - e quando si è aperta la possibilità di lavorare in questo settore grazie all'associazione La Carovana, poi diventata cooperativa, non mi è sembrato vero: si e instaurato subito un grande feeling".

Qualcuno arriva, qualcuno va via. Ora la chiamano anche fuga dei cervelli. Alberto Cauli, 34 anni, sorride. Ma anche lui, ricercatore che si occupa di esplorazioni geografiche italiane ai tempi del nazismo, fa parte del gruppo di giovani che, con titoli e competenze in tasca, cerca soddisfazione e prospettive lontano da casa. Lontanissimo, in Nuova Zelanda. "

Lavoravo a tempo determinato per la Provincia ma non ero soddisfatto, volevo fare il ricercatore", confida all'ANSA. Mappamondo che gira. E l'occasione è capita ad Auckland. Non è stato facile. "Ci sono stati dei problemi burocratici che mi hanno portato per un periodo anche in Canada - spiega - Ma poi tutto si è risolto".

Nostalgia? Rimpianti? "Sì - scherza con un pò di malinconia - ho il rimpianto di non essere partito prima. Non è un discorso sardo, ma italiano: per essere valorizzato qui non ci sono occasioni, non c'è spazio. E allora è giusto partire". Per poi tornare? Cauli è scettico. "Difficilmente il mio futuro sarà in Sardegna - chiarisce - Non so se sarà ancora in Nuova Zelanda, ma sicuramente fuori dall'Italia".

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