Quasi cento macchinari, tra
computer e macchine elettromeccaniche, da salvare con un
trasporto di 700 chilometri su tre camion, impiegando anche gru
e carrelli elevatori. È l'impresa in cui si è lanciato il Museo
del computer di Camburzano (Biella), che ha avviato una raccolta
fondi con l'obiettivo di arrivare a 8mila euro per potersi
permettere il reperimento e il trasporto nella sua sede di un
pezzo di storia del Novecento.
Si parla di macchine costruite tra gli anni '50 e gli anni
'80, progenitrici dei nostri pc: sistemi a schede perforate Ibm
e Remington Road, mainframe della Sperry Unicav, macchine
Olivetti. Sono in perfette condizioni e, assicurano gli
attivisti del museo, la maggior parte potrebbe anche tornare in
funzione, dopo un lavoro di restauro. Ma il primo passo è
portarle nella struttura del Biellese, nata grazie a un'idea
dell'ingegnere Alberto Rubinelli. Un'avventura iniziata col
salvataggio di un sistema Intel destinato alla dismissione e
proseguita attraverso la nascita di una Fondazione e l'acquisto
di uno spazio quando gli oggetti da salvare sono diventati
troppi.
"Siamo uno dei più musei più grandi in Europa, anche come
dotazione - racconta Gianni Zardoni, responsabile per i
salvataggi dell'Emilia-Romagna - Abbiamo anche una tac del 1978,
fu un trasporto da dieci tonnellate". Uno dei pezzi più pregiati
di un catalogo che conta oltre 13mila oggetti. Il salvataggio
della Tac risale al 2017 e, finora, era l'impresa più difficile
in cui si era lanciato il museo.
Quella per cui è stata avviata la raccolta fondi, però, è
un'impresa ancora più ambiziosa. Non solo per la mole di
macchine da salvare, ma anche per la loro qualità: "Certi
computer io li ho visti solo in foto o nei film, parliamo di
sistemi che costavano tantissimo e che, una volta finita la loro
vita operativa, venivano rottamati o restituiti al produttore,
perché quasi sempre erano a noleggio. Quindi non solo erano
pochi all'epoca, ma sono stati quasi tutti rottamati. Sono pezzi
rarissimi, in parte forse unici", racconta Zardoni.
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