Lorena Vezzosi è stata accoltellata, prima che l'auto su cui si trovava finisse nel Po: ad ucciderla, con un'arma ancora non ritrovata, è stato l'ex compagno, Stefano Del Re. Un femminicidio, l'ennesimo, commesso nell'appartamento di Sant'Arcangelo di Romagna, dove i coniugi separati abitavano, oppure durante il tragitto dal Riminese verso la provincia di Cremona, territorio di cui i due erano originari.
La procura della Repubblica di Cremona, e come l'autorità giudiziaria anche i carabinieri titolari delle indagini, preferiscono mantenere ancora il massimo riserbo, ma tutte le informazioni che filtrano dopo l'autopsia, eseguita questa mattina all'ospedale Maggiore di Cremona, convergono nella stessa direzione: dietro il mistero del Po, oltre l'orrore dei due cadaveri ritrovati uno a fianco dell'altro nella Nissan dell'ausiliario 55enne finita nel fiume giovedì notte e poi recuperata all'alba del venerdì, c'è un omicidio. Dunque non un incidente, non più l'ombra dell'ennesimo femminicidio ma la certezza di un delitto. Consumato con un'arma che per il momento non è stata trovata e che, sempre secondo indiscrezioni, sarebbe stata affondata più volte sul corpo della donna.
Potrebbe essere un coltello, ma investigatori e inquirenti non escludono che l'arma utilizzata possa essere anche un bisturi. Un'ipotesi che si sta facendo strada per due motivi: da un lato, la professione di operatore sanitario di Del Re; dall'altro, il tipo di ferite individuate. "Nette", vengono descritte nelle pieghe del silenzio ufficiale seguito all'ispezione accurata sul corpo della donna disposta dal pubblico ministero Chiara Treballi ed effettuata dall'anatomopatologa Elena Invernizzi.
E pochi dubbi, ormai, ci sono anche sul movente: il rancore per un rapporto finito. Perché Del Re non avrebbe accettato il distacco dalla famiglia e le complicazioni crescenti, imputate all'ex compagna 53enne, di vedere i due figli minorenni. Sembra inoltre che Lorena, da qualche tempo, si stesse ricostruendo una vita e avesse iniziato una relazione con un altro uomo. Resta da capire dove la donna sia stata colpita. Nell'appartamento di via Terranova condiviso per anni, la prima opzione, magari dopo una lite e usando un coltello da cucina. Una tesi che, però, si scontra con un dettaglio: non ci sarebbe sangue nell'alloggio, ma solo macchie rosse, già repertate dalla Scientifica ma ancora da classificare compiutamente, sulla scala.
Ecco che, allora, appare più accreditata la teoria della trappola, dell'omicidio premeditato e pianificato nei dettagli.
Del Re potrebbe aver convinto Vezzosi ad uscire con una scusa — magari proprio quella della cena di cui si è tanto ragionato senza che però emergesse alcun riscontro effettivo —, oppure essere salito in casa e averla costretta a scendere, opzione ipotizzabile anche perché il cellulare della donna è stato ritrovato sul divano e non invece in macchina, come sarebbe normale per due persone che scelgono di trascorrere la serata insieme. A quel punto, deve essere iniziato il lungo viaggio verso Casalmaggiore: 220 chilometri. E in quelle due ore e mezza di trasferta tutto potrebbe essere accaduto. Del Re potrebbe essersi fermato ovunque a compiere il suo atroce proposito. E aver proseguito il tragitto con il cadavere vicino, piuttosto che occultato nel baule.
Oppure, potrebbe aver portato a termine l'idea di uccidere Lorena una volta arrivato a Casalmaggiore. O prima del saluto ai genitori, considerando che a quell'incontro accertato intorno alle 20, Vezzosi non è stata vista da madre e padre del 55enne.
Oppure anche dopo, nell'imminenza della caduta dell'utilitaria nel Po filmata dalle telecamere. Erano le 2.56. E Lorena Vezzosi, a quell'ora, era di sicuro già stata uccisa.
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