Sono passati 30 anni dal 28
gennaio 1994, giorno in cui morirono Marco Luchetta, Alessandro
Sasa Ota e Dario D'Angelo, i tre giornalisti della sede Rai di
Trieste uccisi a Mostar Est, in Bosnia, da una granata mentre
raccoglievano immagini per un servizio sui bambini senza nome.
Oggi i tre professionisti sono stati ricordati al teatro Miela
di Trieste, nell'ambito di una serie di iniziative promosse
dalla fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin. Tra queste, il
premio Rotta balcanica, per i giornalisti che hanno realizzato
approfondimenti sul tema migranti.
Ricordare Ota, Luchetta e D'Angelo, "è un gesto di
responsabilità e di rispetto", ha detto in un videomessaggio la
presidente della Rai, Marinella Soldi. "Il ricordo di questa
giornata è tanto più doloroso alla luce dei conflitti, che oggi
destabilizzano gli equilibri internazionali". "Per onorare la
loro memoria vogliamo ricordarli sostenendo i valori sempre più
cruciali di trasparenza e giustizia per un'informazione
verificata e libera". "Il nostro ringraziamento - ha concluso -
va a tutti i giornalisti e operatori che ogni giorno rischiano
la vita per portare ai nostri cittadini notizie che arrivano da
territori critici o dalle guerre".
A ricordare i tre professionisti uccisi, sono stati anche
familiari e colleghi, con contributi video o testimonianze sul
palco. "I giornalisti continuano a morire nei luoghi di guerra",
ha affermato il presidente dell'Ordine dei giornalisti, Carlo
Bartoli: sono "testimoni scomodi", che "fanno paura" e "la
pettorina Press è diventata forse un bersaglio privilegiato".
"Uno pensa sempre che le persone capiscano e il mondo possa
cambiare - ha osservato la presidente della fondazione Luchetta
Ota D'Angelo Hrovatin, Daniela Luchetta - alla fine degli anni
80 mi ero illusa che il mondo fosse cambiato, che avesse capito
non si può vivere sempre in guerra. In realtà solo pochi anni
dopo ci siamo scontrati con la morte di Marco e con tutto quello
che stava succedendo nei Balcani, è stato un modo molto doloroso
di aprire gli occhi".
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