"Alla fine del 2019 ho saputo
della bottiglia che Anna Maria (sorella di Isabella Linsalata,
ndr) aveva preso dopo la cena a casa di Isabella, quando si era
sentita poco bene. Me lo disse mia moglie che Anna Maria aveva
sotratto questa 'fantomatica' bottiglia perché convinta che
potesse sostenere sostanze 'misteriose' e l'aveva portata via.
Però avrebbe dovuto portarla ai carabinieri o a un laboratorio,
invece di metterla in cantina vicino al Dom Perignon. Ritengo la
vicenda della bottiglia una sparata assurda". Lo ha detto
testimoniando in aula Massimo Amato, uno dei tre fratelli di
Giampaolo Amato, il medico accusato dell'omicidio della moglie,
Isabella Linsalata e della suocera, Giulia Tateo. Per la Procura
il medico avrebbe ucciso le due donne con un mix di farmaci,
anestetico e benzodiazepine.
La bottiglia in questione, venne poi analizzata dal Ris nel
2022 ed emersero tracce di benzodiazepine. "Secondo me era una
follia questo discorso, ritenevo la cosa una stupidaggine".
Sollecitato dal presidente della Corte d'Assise, Pier Luigi Di
Bari, sul perché non avesse parlato della vicenda della
bottiglia e dei dubbi di Anna Maria con suo fratello Giampaolo,
Massimo Amato ha detto: "Secondo me la cosa era così assurda
nella sua narrazione che non ne valeva la pena. Cioè, io ho il
dubbio che nella bottiglia ci siano sostanze e invece di
prenderla con i guanti di lattice la metto in cantina e faccio
passare tre anni? Se ho dei dubbi che ci sia veleno la porto dai
carabinieri dopo un minuto. Con mia moglie abbiamo condiviso
questo ragionamento".
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