I mari piu' svuotati dal punto di vista della pesca sono il Mediterraneo e il Mar Nero con il 62,5% di stock sovra sfruttati, il Pacifico sudorientale con il 54,5% e l'Atlantico sudoccidentale con il 53,3%. A livello mondiale la pesca industriale, sebbene sia praticata da un numero molto ridotto di pescherecci, comporta annualmente la cattura di circa 30 milioni di tonnellate di pesce per il consumo umano, e circa 35 milioni di tonnellate che sono trasformate in mangimi, impiegando al massimo 1 o 2 milioni di pescatori con un consumo annuo di 37 milioni di tonnellate di carburante. Al contrario, la piccola pesca, quella cui Slow Fish dedica risorse e spazi per favorirne la tutela e lo sviluppo, è praticata dall'82% delle imbarcazioni, da' lavoro ad oltre 12 milioni di persone, che producono circa 30 milioni di tonnellate di pescato all'anno, il quale si traduce interamente in prodotto alimentare umano, con un consumo di carburante di solo 5 milioni di tonnellate. Una statistica preoccupante, dice Slow Fish, è anche quella relativa allo sfruttamento degli stock ittici: la percentuale delle specie in salute (per numero di esemplari) è diminuita dal 90% nel 1974 al 65,8% nel 2017, mentre la percentuale degli stock ittici costituiti da specie di interesse commerciale a rischio di estinzione è aumentata dal 10% nel 1974 al 34,2% nel 2017.
Questa tendenza al sovrasfruttamento delle risorse alieutiche non comporta solo impatti negativi sulla biodiversita' e sul funzionamento degli ecosistemi marini, ma contribuisce a generare importanti situazioni di criticita' economiche e sociali.
Il messaggio emerso dal convegno è che la gestione del mare e' responsabilita' di tutti e la pesca artigianale e consapevole può essere una delle risposte ai problemi dei nostri mari secondo Slow Food. "Bisogna mettere in discussione quanto accaduto negli ultimi vent'anni" ha detto Antonio Garcia-Allut, professore presso l'Universita' di La Coruña, detentore della cattedra Unesco in sviluppo costiero sostenibile presso l'Universita' di Vigo. Secondo Garcia-Allut, "serve una co-gestione basata sulla collaborazione tra chi prende decisioni e la società civile, compresi i pescatori di piccola scala e occorre rivedere le modalita' con cui vengono assegnati i diritti di pesca, un settore oggi sempre piu' privatizzato. Abbiamo assistito alla progressiva espulsione dei pescatori artigianali dai loro spazi e cio' ha favorito l'accaparramento di aree che erano importanti per equilibrio dell'ecosistema marino".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA