- La pesca italiana andrà incontro nei prossimi anni a nuovi restringimenti delle aree dove svolgere le attività che colpiranno prevalentemente quella a strascico ma, in modo diverso anche tutte le altre attività. L'istituzione di nuove aree protette e l'interdizione di quelle appartenenti alla rete Natura 2000, infatti, limiterà le aree di pesca, così come l'istallazione dei parchi eolici offshore che costringerà i pescatori a circumnavigarli con un incremento di tempo, costi per la navigazione e ore di lavoro. È quanto emerge dalla ricerca realizzata nell'ambito del Programma nazionale triennale della Pesca e dell'Acquacoltura adottato dal Ministero delle Politiche agricole Alimentari e Forestali, dalla Flai nazionale.
L'obiettivo dello studio presentato in un convegno con Federpesca, Legacoop Agroalimentare, Confcooperative FedAgriPesca, Agci ed Etf, è delineare la nuova mappa degli spazi marittimi per la pesca che risulta minata da limiti normativi che ruguardano anche in modo sempre più stringente l'uso degli attrezzi, la loro selettività, la taglia e le quote di cattura per le diverse specie. Ma a giocare un ruolo importante sono anche i cambiamenti climatici, l'inquinamento e la pesca illegale. Secondo lo studio a sottrarre spazio fisico in mare, in particolare, sono le strutture antropiche, come le piattaforme estrattive, le teste di pozzo, i rigassificatori, gli impianti di maricoltura in gabbia e di molluschicoltura, oltre alle fattorie eoliche; si tratta di ostacoli che agiscono ben oltre lo spazio occupato, soprattutto per alcuni mestieri.
Sottraendo sempre più spazio, secono la ricerca, la pesca italiana verrà ancora più marginalizzata, sebbene a oggi fornisca solo il 28% del consumo ittico nazionale. Piuttosto andrebbe incentivata sulla base dei parametri della sostenibilità, per ridurre la dipendenza dall'estero e avviarsi all'auspicata, ma così sempre più irraggiungibile, autonomia alimentare nel consumo ittico del Paese.
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