Se il riscaldamento globale proseguirà ad un tasso simile a quello osservato negli ultimi 20 anni, i ghiacciai delle Alpi sono destinati a dimezzarsi entro il 2050, perdendo circa il 46% del loro volume; percentuale che potrebbe salire al 65% se si considera l’andamento soltanto degli ultimi 10 anni. La previsione arriva dallo studio pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters e guidato dall’Università svizzera di Losanna, che ha elaborato simulazioni molto accurate grazie ad algoritmi basati sull’Intelligenza Artificiale.
Allo stesso tempo, il ritiro dei ghiacciai lascerà esposte aree sempre maggiori di pareti rocciose, un fenomeno che farà aumentare nel breve periodo il rischio di frane, sebbene il tasso di erosione delle montagne alpine sia molto più basso rispetto a 10.000 anni fa: è quanto afferma un secondo studio pubblicato sulla rivista Earth and Planetary Science Letters e guidato dall’Università di Utrecht, nei Paesi Bassi, che sottolinea l’impatto di questi eventi sulle comunità montane.
A differenza di altre simulazioni, che producono stime che arrivano alla fine del secolo, i ricercatori guidati da Samuel Cook dell’Università di Losanna si sono focalizzati su un periodo più ristretto, in modo da far comprendere meglio la rilevanza di questi fenomeni già nel breve termine. Secondo i risultati ottenuti, anche se il riscaldamento globale dovesse arrestarsi completamente in questo momento, le Alpi perderanno in ogni caso almeno un terzo dei loro ghiacciai (34%) entro il 2050.
Uno scenario molto ottimistico e lontano dalla realtà: “I dati utilizzati per costruire gli scenari si fermano al 2022, che è stato seguito da un anno eccezionalmente caldo”, spiega Cook. “È quindi probabile che la situazione sarà ben peggiore”. La proiezione più realistica, infatti, prodotta immaginando uno scenario privo di grandi cambiamenti rispetto al presente, mostra che il volume di ghiaccio scomparso sarà intorno al 46%, circa la metà, con la possibilità che questa percentuale salga ulteriormente fino al 65% se l’andamento delle emissioni di gas serra sarà simile agli ultimi 10 anni.
Queste previsioni risultano in linea con quella rilasciata la scorsa estate da Greenpeace Italia e dal Comitato Glaciologico Italiano, a conclusione della prima tappa della spedizione sul ghiacciaio dei Forni, nel Parco Nazionale dello Stelvio: secondo i ricercatori, fino all’80% dei ghiacciai alpini italiani rischia di scomparire entro il 2060.
Le Alpi sono protagoniste anche dello studio guidato da Daniel Draebing dell’Università di Utrecht, che ha scoperto che l’erosione delle pareti rocciose di queste montagne è drasticamente diminuita rispetto a circa 10.000 anni fa: ad esempio, per la valle svizzera di Hungerli è stato calcolato un tasso di erosione di 1,2-1,4 millimetri all’anno nel lontano passato, mentre quello attuale basato sui dati raccolti tra 2016 e 2019 è compreso tra 0,02 e 0,08 millimetri.
Secondo i ricercatori, questo notevole crollo nel tasso di erosione è dovuto alla combinazione di diversi fattori: l’aumento delle fratture nelle rocce causate dall’alternanza tra temperature sotto e sopra lo zero, accompagnato dallo scioglimento del permafrost e dall’adattamento del paesaggio alla minor quantità di ghiaccio. Gioca un ruolo, inoltre, anche la copertura nevosa stagionale che, se abbondante, isola la parete rocciosa sottostante ritardando i processi di gelo e disgelo.
I risultati indicano che, nel complesso, sono diventate più frequenti le frane di piccole dimensioni, mentre sono molto più rari i devastanti eventi di grandi dimensioni. “A causa del cambiamento climatico, i ghiacciai e il permafrost scompariranno e le fessurazioni dovute al gelo diminuiranno: questo, nel lungo termine, si tradurrà in una diminuzione dei tassi di erosione”, afferma Draebing. “Tuttavia, nel breve termine, il ritiro dei ghiacciai e il disgelo del permafrost aumenteranno i tassi di erosione e il rischio di caduta massi – aggiunge il ricercatore – qualcosa a cui le comunità montane dovranno adattarsi nel prossimo futuro”.
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