I cambiamenti climatici avvenuti sulla Terra hanno profondamente influenzato la storia dell'uomo e della sua evoluzione: la prova arriva da uno studio che ha combinato il più completo database mai costruito di resti fossili e reperti archeologici, con la più estesa simulazione del clima degli ultimi 2 milioni di anni elaborata tramite supercomputer. La ricerca, pubblicata sulla rivista
Nature, è di un team internazionale guidato dall’Istituto per la Scienza di Base (Ibs) della Corea del Sud, e parla anche italiano grazie a due ricercatori: Pasquale Raia di Università Federico II di Napoli e Alessandro Mondanaro di Università degli Studi di Firenze.
“Le specie più antiche”, cioè Homo erectus, Homo ergaster e Homo habilis, “vivevano in climi stabili e non hanno cambiato i loro habitat”, spiegano all’ANSA Raia e Mondanaro. “Invece le specie più recenti, Homo heidelbergensis, Homo neanderthalensis e Homo sapiens, quando hanno incontrato cambiamenti climatici più marcati hanno cercato di adattarsi. Quando non l’hanno fatto – proseguono – si sono ‘trasformate’ in altro, anche quando occupavano gli stessi habitat nello stesso momento temporale: è quello che è accaduto con H. heidelbergensis, sostituito da H. sapiens in Africa meridionale e da H. neanderthalensis in Eurasia”.
Lo studio è stato reso possibile dall’utilizzo di uno dei supercomputer più veloci dell’Ibs, chiamato Aleph: ha elaborato il modello climatico senza sosta per 6 mesi, generando 500 terabyte di dati (1 terabyte equivale a mille miliardi di byte), abbastanza da riempire parecchie centinaia di hard disk. Si tratta della prima simulazione continua con un modello climatico all'avanguardia che copre la storia ambientale della Terra degli ultimi 2 milioni di anni. Il contributo italiano, invece, è stato fondamentale nella costruzione del database di dati archeologici e nell’interpretazione dei risultati dal punto di vista antropologico.
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