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Antartide, l'impronta dell'uomo in 390.000 metri quadrati di edifici

Antartide, l'impronta dell'uomo in 390.000 metri quadrati di edifici

Impatto sempre più importante

04 marzo 2019, 20:55

Redazione ANSA

ANSACheck

La stazione di ricerca australiana Davis in Antartide (fonte: Shaun Brooks) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La stazione di ricerca australiana Davis in Antartide (fonte: Shaun Brooks) - RIPRODUZIONE RISERVATA
La stazione di ricerca australiana Davis in Antartide (fonte: Shaun Brooks) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Una superficie complessiva di oltre 390.000 metri quadrati occupata da edifici, soprattutto basi di ricerca, e aree dalle quali è possibile vedere l'attività umana che si estendono per più di 93.000 chilometri quadrati: è questa la prima misura dell'impronta dell'uomo in Antartide, pubblicata sulla rivista Nature Sustainability dal gruppo dell'Università australiana della Tasmania coordinato da Shaun Brooks.

"Purtroppo l'impatto umano sta diventando sempre meno trascurabile", ha detto all'ANSA Stefano Urbini, ricercatore dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e con una grande esperienza di ricerca in Antartide. Per lo studioso, che tornerà in Antartide in novembre, "il continente è sempre stato anche un laboratorio naturale di geopolitica e le pressioni politiche rischiano di fare diventare la scienza un pretesto per accedere alle risorse dell'Antartide, ad esempio la pesca. Il numero delle basi scientifiche è, infatti, in aumento". La Cina, ad esempio, vuole realizzare la sua quinta base antartica in un isolotto a 26 chilometri dalla base italiana Mario Zucchelli, Inexpressible island, dove c'è anche una colonia di pinguini. "Anche il turismo, un tempo appannaggio solo dei più ricchi - rileva - comincia a essere un problema, con la comparsa di pacchetti ad hoc. L'Antartide è un continente molto fragile ma, nonostante esista un trattato firmato da più di 50 Stati - precisa Urbini - è difficile impedire a un Paese di costruire una nuova base quando decide di farlo. Si potrebbe limitare la pressione umana in Antartide - conclude - condividendo le risorse già presenti sul territorio, ad esempio con la creazione di basi internazionali di ricerca, che limiterebbero il traffico di navi, merci e aerei".

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