Per la prima volta è possibile vedere in azione lo starter della fecondazione umana: simulazioni altamente realistiche realizzate grazie a un supercomputer mostrano infatti le complesse interazioni molecolari che permettono la fusione tra ovulo e spermatozoo, finora impossibili da osservare direttamente al microscopio o mediante cristallografia. Il risultato è pubblicato su Scientific Reports dai ricercatori del Politecnico federale di Zurigo, in uno studio che getta le basi per nuovi anticoncezionali non ormonali e nuove terapie contro l'infertilità.
Grazie al supercomputer Piz Daint del Centro nazionale svizzero di supercalcolo (Cscs), i ricercatori guidati da Viola Vogel hanno simulato il comportamento delle due proteine chiave della fecondazione: Juno, posta sulla membrana esterna dell'ovulo, e Izumo1, sulla superficie dello spermatozoo. Per ricreare un modello realistico, le proteine sono state simulate in una soluzione acquosa: la presenza di molecole di acqua cambia infatti il modo in cui le due proteine si legano fra loro e, in alcuni casi, perfino il loro stesso funzionamento.
Il team ha così ottenuto simulazioni da 200 nanosecondi l'una, in cui si osserva che il complesso proteico Juno-Izumo1 è stabilizzato da più di 30 legami, ognuno dei quali dura meno di 50 nanosecondi. A destabilizzare il complesso sono invece gli ioni di zinco: quando sono presenti, la proteina Izumo1 assume una struttura a boomerang e non riesce a legare stabilmente Juno. Secondo i ricercatori, questo potrebbe essere uno dei motivi per cui gli ovuli fecondati liberano una 'tempesta' di zinco per impedire che un secondo spermatozoo possa penetrare all'interno.
Grazie al supercomputer, i ricercatori sono riusciti a svelare anche un altro aspetto della fecondazione finora non del tutto chiarito: il ruolo dei folati e del loro equivalente sintetico, l'acido folico, spesso raccomandato alle donne nelle prime fasi della gravidanza per favorire il corretto sviluppo del feto. Le simulazioni delle dinamiche molecolari mostrano che i folati si legano a Juno, come ipotizzato in precedenza, ma solo quando la proteina è a sua volta legata a Izumo1.
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