A rendere più difficile la vita già complessa di un paziente oncologico sono, anche, le distanze: sia quelle fisiche dai luoghi di cura che quelle emotive, con la difficoltà di comunicazione con gli operatori sanitari coinvolti. Il 20% dei pazienti con un tumore, infatti, è costretto a percorrere oltre 30 chilometri per raggiungere il centro dove è in cura. Mentre circa il 50% dei malati avverte il bisogno di una maggiore attenzione di quella ricevuta da parte degli operatori sanitari e una migliore qualità della comunicazione medico-paziente. Sono alcuni dati che emergono da una ricerca condotta da Cipomo (Collegio italiano primari oncologi medici ospedalieri) su quasi 1000 pazienti con il cancro, con età media di 65 anni, seguiti nelle strutture di oncologia distribuite nelle diverse realtà regionali del Paese. Dati che mostrano come il 96% dei pazienti abbia sperimentato diverse criticità lungo tutto il percorso di cura, dalla diagnosi ai controlli. La maggior parte dei pazienti ha dichiarato di raggiungere il centro oncologico di riferimento dopo un viaggio medio-lungo. La distanza media percorsa dal 32% dei pazienti si aggira tra i 10 e i 30 chilometri, ma per il 20% il luogo di cura è lontano oltre i 30 chilometri. Il 63% dei pazienti ha raggiunto il centro in auto insieme a un familiare o a un amico e il 23% ha dichiarato che, mediamente, il tempo di attesa per la visita supera i 60 minuti. Temi su cui si sono confrontati i primari di oncologia in occasione del 28/mo congresso nazionale in corso a Siracusa. "Ricevere una diagnosi di cancro può sconvolgere la vita di un paziente, sia sotto il profilo emotivo che pratico - spiega Luisa Fioretto, presidente Cipomo -. In questo contesto il nostro compito non è quindi solo curare la malattia, ma la persona nella sua interezza. Dalla voce dei pazienti dal nord al sud del Paese emerge la necessità di cure assistenziali più orientate alla persona". Per il 50% dei pazienti la fase più impegnativa è stata quella della diagnosi, seguita dalla cura (22%), dalla recidiva della malattia (15%) e dal follow-up (1%). A pesare sono le distanze, anche emotive. "L'indagine ci ha anche permesso di esplorare quali siano le attività di supporto ed espressive più richieste dai pazienti - sottolinea Paolo Tralongo, direttore del dipartimento di oncologia dell'Azienda sanitaria provinciale di Siracusa -. Tra le preferenze sono state citate attività artistiche espressive, attività fisiche e servizi relativi all'immagine corporea. In sintesi due le questioni significative emerse: una richiesta di maggiore attenzione da parte degli operatori sanitari, in termini di tempo e capacità di ascolto, e di una maggiore diffusione di servizi di psiconcologia". C'è un gran bisogno di una "buona comunicazione, elemento fondamentale nel percorso di cura - evidenziano Fioretto e Tralongo - Accanto alle competenze tecnico-scientifiche, all'oncologo è richiesto di acquisire anche competenze comunicativo-relazionali. La comunicazione medico-paziente, così come quella con i famigliari e i caregiver, assume sempre di più un'importanza strategica nella lotta ai tumori". Al congresso è anche stato presentato il volume 'I medici raccontano. Storie di vita e di malattia', a cura di Luisa Fioretto e Alberto Scanni. "Si tratta di una raccolta di storie scritte da professionisti dell'oncologia, per ricordare ai colleghi, ai pazienti, ai familiari e a chiunque legga queste narrazioni, che le competenze scientifiche e le competenze relazionali non sono due saperi distinti", conclude Scanni.
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