Riconoscere i volti non è una
capacità innata, ma si sviluppo con l'esposizione ripetuta, sin
da neonati, alla vista delle facce che ci circondano. E' la
conclusione raggiunta da uno studio di Harvard, pubblicato su
Nature Neuroscience, su due campioni di macachi: uno allevato
normalmente dalle loro madri e tribù. L'altro allevato da esseri
umani che indossavano maschere a coprire il volto. I cervelli
dei primati e degli esseri umani sono simili - spiegano gli
scienziati - anche nella formazione di specifici aggregati di
neuroni in un area specifica del cervello deputata tra l'altro
alla individuazione dei volti, chiamata 'superior temporal
sulcus'.
I ricercatori hanno così sottoposto i due gruppi di macachi a
risonanza magnetica cerebrale quando avevano 200 giorni di vita:
i macachi che avevano sofferto privazione sensoriale, ossia
erano stati accuditi solo da umani con i volti coperti, non
avevano sviluppato le connessioni neuronali nell'area 'ad hoc'
per il riconoscimento dei lineamenti facciali.
Secondo il rapporto i dati possono aprire nuove ipotesi di
ricerca su patologie come l'autismo caratterizzato da un rifiuto
o dalla impossibilità di guardare i volti.
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