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Micaela Ramazzotti, 'la felicità è l'esordio da regista'

Micaela Ramazzotti, 'la felicità è l'esordio da regista'

"Attratta dalle fragilità, racconto una famiglia disfunzionale"

VENEZIA, 01 settembre 2023, 20:04

dell'inviata Alessandra Magliaro

ANSACheck

80th Venice Film Festival - RIPRODUZIONE RISERVATA

80th Venice Film Festival - RIPRODUZIONE RISERVATA
80th Venice Film Festival - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Questo film io me lo sognavo anche di notte, nella mia fantasia la storia di una famiglia tossica, disfunzionale, con due figli fragilissimi e buoni ce l'avevo in testa, sapevo esattamente che percorso far fare a vittime e carnefici, tra le due anime buone e i loro genitori, la madre ossessiva, disturbata, morbosa con il maschio, il padre mitomane che sfrutta il lavoro della figlia per una carriera miserabile. E pensavo anche all'emancipazione che avrei fatto fare loro, alla mia Desiré. E poi il film sono riuscita a farlo", racconta Micaela Ramazzotti che ad Orizzonti Extra debutta come regista con Felicità.
Il film, girato tra la Roma della sinistra radical chic di Piazza Vittorio e i palazzoni dormitorio della periferia di Fiumicino ("li conosco bene, da quelle parti ci sono nata", dice), con un cast perfetto che mette a confronto il professore Sergio Rubini più grande di Desiré-Ramazzotti, che di professione fa l'assistente parrucchiera sul set e che lui vorrebbe 'educare', dunque 'cambiare' e la famiglia di lei, i Mazzoni, il padre Max Tortora showman sulle tv private, la madre Anna Galiena casalinga e il figlio Claudio (Matteo Olivetti) con problemi di disagio mentale anche per la vita sedata e triste che lo costringono a fare. Il motore è Desiré che si vergogna dei genitori e però li aiuta, che soccorre il fratello, che si danna a costo di tutto e alla fine ci riesce a curare tutta questa fragilità e a salvarlo.
Scritto con due esordienti Isabella Cecchi e Alessandra Guidi, illuminato da Luca Bigazzi, prodotto dalla Lotus dei Leone con Rai Cinema, in sala con 01 dal 21 settembre, Felicità non resterà una unica esperienza. "Il mio mestiere è fare l'attrice, ma realizzare film da tue idee, facendo i sopralluoghi, scegliendo gli attori, scrivendo storie è qualcosa che voglio continuare a fare - dice Ramazzotti all'ANSA - e infatti appunto ogni giorno cose su un mio quadernino e con le sceneggiatrici stiamo già buttando giù altre idee, sempre che il pubblico lo voglia".
Ramazzotti, che in tv di recente ha interpretato The Good Mothers, serie premiata alla Berlinale, aggiunge: "La regia sono riuscita a farla con la faccia tosta, la determinazione, la voglia di mettermi in gioco. Sono grata al cinema e ai registi che mi hanno scelta, ho potuto fare personaggi formidabili di donna che poi ho portato tutti dentro Felicità, ma questo è anche un lavoro di sfide e se hai voglia di fare le opportunità le trovi, specie in questo momento storico". Da sempre Micaela, classe 1979, interpreta con sensibilità ruoli drammatici, problematici, melodrammatici, toccanti, da Tutta la vita davanti, La prima cosa bella, La pazza gioia di Paolo Virzì ma anche Posti in piedi in paradiso di Carlo Verdone, La tenerezza di Gianni Amelio, Gli anni più belli di Gabriele Muccino, Anni Felici di Daniele Luchetti. "Ho un debole per le persone fragili, per le debolezze, per il disagio mentale, per le persone nate storte e difettate, quelle che quando si alzano la mattina hanno i moscerini nella testa e che hanno bisogno di aiuto", dice Ramazzotti schivando riferimenti personali (come la separazione dopo 14 anni di matrimonio da Paolo Virzì), "e però pur abbracciando tutto questo avevo pure voglia di un personaggio che prova ad emanciparsi, che lotta per essere felice, che ha il coraggio di scappare".
Anche il cast era nella testa di Ramazzotti: "Non l'ho sentita come una debuttante, era sul set una regista che sapeva esattamente cosa voleva", dice Anna Galiena, la fantastica mamma di casa Mazzoni. "Ho accettato a patto che non si cambiasse una virgola della sceneggiatura", aggiunge Max Tortora, il patetico padre showman, mentre il professor Rubini aveva "il compito di essere un personaggio negativo, egoista, giudicante proprio come la parte politica che rappresenta, quella sinistra chic la cui cultura non serve ad essere connessi con la realtà". Un'esperienza, prosegue Rubini, "commovente, sacrale: Micaela si è messa in ballo come autrice, anche con il suo privato".
   

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