Si é concluso con 20
assoluzioni, tra cui quelle di esponenti di spessore della
criminalità organizzata vibonese, quattro prescrizioni, numerose
rideterminazioni di pena rispetto al primo grado e 23 conferme
delle condanne inflitte con la sentenza emessa, col rito
abbreviato, dal Gup distrettuale, il processo d'appello
denominato "Imponimento" scaturito dall'omonima inchiesta della
Dda di Catanzaro.
Il procuratore della Repubblica facente funzioni, Vincenzo
Capomolla, ed il sostituto procuratore generale Raffaela Sforza
avevano chiesto la condanna di tutti gli imputati. E per sette
di loro, in particolare, pene anche maggiori rispetto al primo
grado. La Corte d'appello di Catanzaro, presieduta da Loredana
De Franco, è stata però di diverso avviso.
Tra gli imputati assolti ci sono Vincenzo Barba, considerato un
elemento di spicco della criminalità vibonese; Domenico
Bonavota, ritenuto al vertice dell'omonima cosca di
Sant'Onofrio, e Filippo Catania, altro elemento indicato quale
appartenente al clan Lo Bianco, così come Paolino Lo Bianco.
Assolti, inoltre, l'imprenditore-avvocato Vincenzo Renda e il
dirigente regionale Serafino Nero, mentre per alcuni imputati la
Corte ha accolto l'appello della Dda infliggendo pene maggiori
rispetto a quelle inflitte in primo grado come per il militare
della Guardia di finanza Domenico, Bretti. Confermati invece i
20 anni comminati in primo grado al boss di Filadelfia Rocco
Anello e le condanne di Francesco Antonio Anello, dei fratelli
Vincenzo e Giuseppe Fruci, di Daniele Prestanicola e di Teodoro
Mancari.
L'operazione "Imponimento", scattata nel 2020, si é concentrata
sulle attività illecite gestite dalla cosca Anello di Filadelfia
e dalle consorterie alleate su una vasta porzione di territorio
a cavallo tra il Vibonese, l'hinterland lametino e parte
dell'entroterra catanzarese.
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