La bioeconomia italiana cresce, si
concentra nei settori tipici del Made in Italy e fa bene alle
aziende visto che le imprese 'biobased', che in media sono
piccole e più diffuse al Nord registrano un incremento di
fatturato maggiore rispetto alle altre.
E'questo, in sintesi, quanto emerge da "La Bioeconomia
circolare in Italia: caratteristiche delle imprese e opportunità
di sviluppo" il report realizzato dal Cluster Spring,
Unioncamere e dal Centro Studi Guglielmo Tagliacarne, con
Astrid, Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, Symbola,
SVIMEZ, SRM, Università della Campania Luigi Vanvitelli,
Università Suor Orsola Benincasa, Materias.
Le imprese biobased si concentrano nei settori tipicamente
made in Italy (alimentari, bevande e tabacco 13,5%; tessile
8,9%; abbigliamento 7,9%) e sono principalmente di media e
piccola dimensione (il 45,6% di esse ha tra 20 e 49 addetti) ed
il 65% è al Nord.
il 60% circa delle imprese biobased esporta
ma soprattutto nel caso delle imprese di maggiori dimensioni:
esporta l'86,0% delle imprese con 250 e oltre addetti, a fronte
del 37,3% delle aziende con 10-19 addetti.
Sotto il profilo delle performance
il 50,5% delle imprese bio ha registrato un aumento del
fatturato nel 2022 contro il 42,8% delle non bio) ed una
migliore resilienza (il 34,8% delle imprese bio ha superato nel
2022 i livelli produttivi pre-Covid vs il 25,1% delle non bio).
L'anima green delle imprese bio trova riscontro anche nella
scelta di manager e figure che si occupano delle sostenibilità e
del 15,8% di esse che redige una rendicontazione di
sostenibilità.Attenzione inoltre nel 55% dei casi al welfare e
al benessere in azienda. L'open innovation caratterizza
fortemente il settore; il 66,7% delle imprese biobased ha
infatti adottato un modello «aperto» di innovazione e forte è la
propensione delle imprese biobased a investire in R&S. Infine
risorse proprie e prestiti bancari sono le fonti di
finanziamento a cui ricorrono maggiormente le imprese: il 73,5%
nel primo caso e il 60,9% nel secondo caso.
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