Si è svolta all'auditorium della
Fondazione Gulbenkian di Lisbona, la cerimonia di annuncio e
consegna del premio Gulbenkian per l'umanità che, giunto alla
sua quarta edizione, ha il proposito di dare un riconoscimento
simbolico e finanziario (un milione di euro) a persone o
organizzazioni che nel mondo si sono distinte per il loro
contributo al tentativo di mitigare l'impatto dei cambiamenti
climatici sul pianeta (fra i premiati delle passate edizioni:
Greta Thunberg, nel 2020, e l'Intergovernmental Panel on Climate
Change, l'anno scorso).
A riceverlo quest'anno, dalle mani di Angela Merkel,
presidente della giuria, sono state tre personalità che si sono
fatte notare nell'ambito del ripristino della natura e della
conservazione delle foreste: Bandi Apai Jangutt (leader della
comunità indigena degli Iban, nel Borneo), Cécile Bibiane
Ndjebet (agronoma e attivista del Camerun) e Lélia Wanick
Salgado (ambientalista e designer brasiliana).
Bandi Apai Jangutt ha lottato per decenni per difendere il
territorio della sua comunità nel Borneo indonesiano, ottenendo
dal governo, nel 2020, la proprietà di 95 km2 in un'area al
confine con il Borneo malese dove la deforestazione e la
produzione di olio di palma minaccia grande parte
dell'ecosistema. Cécile Bibiane Ndjebet ha fondato nel 2009 la
Rete delle donne africane per la difesa della foresta, che
raccoglie 19 paesi diversi, e dal 2001 dirige l'ong Cameroon
Ecology, da lei fondata, che si batte per la protezione della
foresta camerunese, in particolare le mangrovie. Lélia Wanick
Salgado, invece, dirige l'Istituto Terra, fondato insieme al
marito, il celebre fotografo Sebastião Salgado, dopo che una
pioggia torrenziale distrusse grande parte della tenuta agricola
dei suoceri, all'epoca quasi priva di alberi e oggi considerata
un importante patrimonio naturalistico del Brasile.
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