I produttori italiani di cemento
rischiano di perdere il treno delle opere del Pnrr, perché
sorpassati dai concorrenti del Nordafrica, che non hanno limiti
alle emissioni di carbonio, e offrono quindi un prodotto a minor
prezzo. Per questo le imprese di Federbeton, l'organizzazione di
categoria associata a Confindustria, chiedono a governo e
parlamento di porre un vincolo negli appalti pubblici
all'utilizzo di materiali prodotti rispettando le norme Ue sulle
emissioni.
Il messaggio è stato lanciato oggi a una tavola rotonda alla
Camera. "Il Codice degli Appalti appena approvato consiglia di
richiedere negli appalti pubblici l'utilizzo di materiali
edilizi di origine europea - ha dichiarato Roberto Callieri,
presidente di Federbeton -. L'intenzione è buona, ma la norma
non è abbastanza prescrittiva. Il risultato è che nessuna
stazione appaltante la applica. Così le aziende italiane del
cemento, che pagano per le emissioni col sistema Ets e hanno
investito per ridurle, si vedono passare avanti le concorrenti
del Nordafrica, che producono senza limiti di emissioni, e fanno
quindi prezzi più bassi".
Federbeton denuncia che il prezzo del cemento prodotto nei
Paesi extra-Eu che si affacciano sul Mediterraneo può arrivare a
essere inferiore rispetto a quello Made in Italy fino al 30%.
Questo si traduce in un aumento esponenziale delle importazioni,
cresciute del 30% nei primi 7 mesi del 2023 e più che triplicato
negli ultimi 3 anni.
Il settore del cemento conta 36.000 addetti e circa di 2.700
imprese, con un fatturato 2022 di oltre 13 miliardi di euro. Il
settore ha già avviato un percorso di decarbonizzazione, con
investimenti previsti di 4,2 miliardi di euro a cui si
aggiungeranno extra-costi operativi pari a circa 1,4 miliardi
annui. Un eventuale arresto della produzione nazionale della
filiera secondo Federbeton causerebbe una immediata contrazione
del Pil del 4,1%.
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