"Altro che corsie preferenziali per
le rinnovabili, il decreto aree idonee si configura come
un'ulteriore barriera per lo sviluppo delle rinnovabili in
Italia e quindi non solo per le politiche climatiche, ma anche
per l'indipendenza e la sicurezza energetica": A dirlo in un
comunicato congiunto sono Greenpeace, Legambiente e Wwf.
"Dopo che solo qualche settimana fa è stato approvato il
decreto-legge Agricoltura, che limita drasticamente il
fotovoltaico nei terreni agricoli, norma sconsiderata - prosegue
la nota congiunta -, l'accordo sulle aree idonee amplia
ulteriormente le restrizioni, dando di fatto una nuova stretta".
"L'ultima versione del decreto - scrivono ancora le ong -,
fondamentalmente lascia carta bianca alle Regioni nella
selezione delle aree idonee. Risultato: il quadro autorizzativo
per le rinnovabili diventa ancor più complicato, senza una
cornice di principi omogenei. L'esito di questo percorso saranno
leggi regionali disomogenee, che complicheranno ulteriormente il
quadro regolatorio per le rinnovabili, già messo a durissima
prova".
Le associazioni ambientaliste denunciano "la piena - e
arbitraria - discrezionalità delle Regioni nell'estensione della
fasce di rispetto, per le aree che presentano beni culturali,
fino a 7 km" e "l'eliminazione dell'articolo 10, che faceva
salvi i procedimenti autorizzativi già avviati". In questo modo
"si rischia di dare validità retroattiva al provvedimento,
ledendo diritti acquisiti e, soprattutto, rendendo l'Italia un
Paese inaffidabile per gli investitori".
Le associazioni prevedono anche "le dilatazioni nei tempi
burocratici. Il decreto prevede sì che il Mase abbia il compito
di vigilare sul raggiungimento degli obiettivi presentati nella
tabella e, in caso di inadempienza, 'adottare opportune
iniziative ai fini dell'esercizio di poteri sostitutivi della
costituzione''. Però, prima che possa effettivamente farlo, alle
Regioni, tra una richiesta d'osservazioni e l'altra, verranno
comunque dati circa 15 mesi di autonomia".
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