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L’ecosistema fintech italiano è in evoluzione e attira sempre di più anche i capitali internazionali. Negli ultimi 4 anni ha raccolto fondi con un tasso di crescita medio annuo (CAGR) del 60%, toccando il miliardo di euro nel 2022. Il settore ha raggiunto "un buon grado di maturità, con alcuni cluster come payments, lending, insurtech e techfin che hanno grandi potenzialità di sviluppo".
Le fintech italiane hanno iniziato a collaborare (il 90% ha avviato una partnership negli ultimi due anni), non solo con gli intermediari finanziari tradizionali, ma anche con aziende di altri settori industriali in una logica cross settoriale. Il settore mostra prospettive di crescita anche sul fronte occupazionale, con il 97% delle aziende che prevede di assumere nuovi talenti nei prossimi 12-24 mesi, nonostante la difficoltà nel trovare competenze specifiche sul mercato italiano. A scattare la fotografia del settore è la seconda edizione del report “Fintech Waves”, realizzato da Ey, in collaborazione con il Fintech District. I risultati sono stati al centro dell’omonimo evento, nella sede di Ey a Milano, che ha acceso un faro sui trend del settore attraverso il confronto tra alcuni dei protagonisti del panorama italiano. “Le fintech possono diventare effettivamente gli abilitatori della trasformazione digitale degli intermediari finanziari”, sostiene Andrea Ferretti, partner e financial services markets & business development leader di EY, sottolineando che adesso “è il momento di intraprendere un ulteriore salto di qualità: consolidarsi e divenire imprese con una vision più manageriale dello sviluppo aziendale nel medio-lungo termine".
Quanto agli ambiti con maggiori potenzialità di sviluppo nel panorama fintech, il report indica quelli relativi “al digital lending, all’insurtech, alle piattaforme techfin, e poi c’è il settore dei digital payments, che sta raccogliendo i maggiori capitali”, spiega Ferretti, ricordando che in Italia abbiamo anche due unicorni, Satispay e Scalapay. Sul fronte delle competenze, il 61% delle aziende fatica a trovare i profili di cui ha bisogno per rispondere alle esigenze di trasformazione. Gli sviluppatori di software e app risultano essere i più difficili da trovare, come espresso dal 55% delle realtà del settore, e i più richiesti, seguiti da esperti di machine learning e analisti di dati (38% e 31%).
Il tema, spiega lo studio, è strettamente collegato alla scarsità di competenze Stem (scienze matematiche, tecnologia e ingegneria), per cui si auspica “un crescente impegno degli hub accademici e di business in stretta collaborazione con le università per colmare il gap di competenze sul mercato”. Le aziende “si concentrano soprattutto sulle competenze tecniche, come l'ambito dell'intelligenza artificiale e i big data. In particolare, i data scientist sono veramente molto difficili da trovare nel nostro mercato", afferma Clelia Tosi, head of Fintech District. I percorsi accademici più comuni per i team delle fintech italiane appartengono principalmente all’area economia e management (68%) e tecnologie Ict (62%), mentre, l'età media è nella maggior parte dei casi tra i 27 e i 32 anni (53%), seguita dalla fascia 32-40 (36%). Il numero medio di dipendenti per startup è 55, ma il 43% delle realtà non ne ha più di 10 e solo il 12% conta da 100 a 800 dipendenti. Sul fronte della diversity, nell’86% dei casi, la maggior parte è composto da figure maschili. Tuttavia, quasi metà del campione (46%) indica una percentuale femminile compresa tra il 30% e il 50%.
Il report integrale è disponibile su Fintech Waves 2023 (ey.com)
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