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Al Metastasio di Prato Giorni felici di Beckett

Al Metastasio di Prato Giorni felici di Beckett

In prima nazionale spettacolo di Massimiliano Civica

PRATO, 11 marzo 2022, 15:26

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Da mercoledì 16 a domenica 20 marzo al Teatro Metastasio di Prato debutta in prima nazionale Giorni felici di Samuel Beckett, uno spettacolo di Massimiliano Civica, interpretato da Monica Demuru e Roberto Abbiati su traduzione di Carlo Fruttero, prodotto dal Teatro Metastasio di Prato. Le scene dello spettacolo sono di Roberto Abbiati, i costumi di Daniela Salernitano, le luci di Gianni Staropoli. "In Giorni felici - spiega Civica - una donna è sepolta dentro un monticello di sabbia, prima fino al busto, poi fino al collo. Suo marito vive in una cavità del cumolo di sabbia, alle spalle della moglie. Lo spettacolo inizia, la donna si sveglia al suono di un campanello, sorride e dice: 'Un altro giorno divino'. E affronta una nuova giornata, provando a cavarsela e ad essere felice, come facciamo tutti. Quel monticello di sabbia è il colpo di genio di Beckett: una volta accettate le sue 'assurde' premesse (che una donna viva in un deserto bloccata dentro un cumolo di sabbia con accanto un marito a mobilità ridotta), ci troviamo davanti a un testo realista, ad una situazione e a un rapporto tra i personaggi improntati ad una assoluta 'banale' quotidianità". "L''assurdo' di Beckett - prosegue - è nella montagnola, nella scelta della situazione fisica iniziale, non nei personaggi o in quello che si dicono. E la montagnola, per me, non è una metafora, ma un 'corrispettivo oggettivo' di uno stato dell'anima e di una sensazione in cui ci sentiamo immersi". Se la donna "non fosse sepolta in quel monticello di sabbia, Giorni felici potrebbe benissimo essere una commedia all'italiana sulla vita di coppia. Con quel monticello di sabbia Beckett permette agli spettatori di scorgere l'assurdità della commedia dei nostri giorni felici: disperatamente bisognosi dell'incontro con un 'tu', siamo però incapaci di aprirci al dialogo, e perciò lo 'recitiamo monologando'".
   

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