Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.
Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.
In evidenza
In evidenza
''Il violino non perdona se lo si
trascura. Paganini diceva: se sto un giorno senza studiare me ne
accorgo io, se sto due giorni se ne accorgono gli altri. E' un
tiranno inesorabile, non dà tregua''. Al traguardo degli 80
anni, che festeggia il 21 gennaio, Uto Ughi traccia il bilancio
di una vita spesa a sfidare lo strumento che gli ha dato la fama
mondiale. Il racconto del violinista, erede della grande scuola
italiana, è una cavalcata nella storia della musica classica del
secondo '900. Futuri solisti e direttori illustri come
Barenboim, Metha e Accardo hanno studiato con lui; il
compositore George Enescu è stato suo maestro, ha studiato a
Siena dove tenevano lezioni Artur Rubinstein, Andrès Segovia e
Pablo Casals; si è esibito con i più grandi nomi del podio da
Pretre a Sawallish a Celibidache, Rostropovich era suo amico. L'
elenco potrebbe andare avanti così come per le sale da concerto
internazionali dove è stato applaudito. Severo ed esigente, Ughi
non si fa sconti. ''Sono un ricercatore inappagabile - dice in
un'intervista all'ANSA - scontento di se stesso ma sempre con il
desiderio di migliorare e di riuscire a condividere la gioia di
fare musica''. Per il suo compleanno un regalo lo farebbe
contento: ''Un nuovo Guarneri dalla voce svettante - risponde -
ancora fresco come era all' origine, non stanco dopo anni di
sviolinamento'' come il violino del 1774 dalla voce più scura
che suona da anni in coppia con l'eccezionale Stradivari del
1701 appartenuto a Rodolphe Kreutzer, al quale Beethoven dedicò
la celebre sonata. L' amore per la musica ha origini familiari
antiche. La nonna paterna, austriaca diplomata al conservatorio,
volle che tutti i figli imparassero a suonare uno strumento. Dei
primi anni di studio Ughi conserva bei ricordi. ''Andavo a
Milano - dice il musicista nato a Busto Arsizio - a sentire i
concerti dei grandi violinisti dell' poca. Il primo fu Jascha
Heifetz al Teatro Nuovo. Cominciai a studiare al conservatorio
di Milano, poi a Parigi, l' esperienza più intensa fu con Enescu
all' Ecole Normale''. Il maestro lo aveva portato all' Accademia
Chigiana dove teneva corsi. ''Siena fu per me il mondo che si
apriva - dice ricordando che dal febbraio scorso cura la
direzione artistica delle celebrazioni del centenario
dell'Accademia -. Andavamo da una classe all' altra per seguire
la chitarra di Segovia, il violoncello di Casals, il pianoforte
di Rubinstein. Era il Simposio, il Gotha della musica
occidentale''. Dopo il debutto in pubblico a 7 anni al Teatro
Lirico di Milano, a 10 la prima esperienza con l' orchestra nel
concerto di Mendelsshon e la Ciaccona di Bach, poi ancora studi
tra Parigi, Vienna e Ginevra, dove si è diplomato a 16 anni.
Maestro, quanto tempo dedica al suo strumento? ''Non c' è una
regola, dipende dell' obiettivo e dall' opera che si vuole
eseguire. Bach, ad esempio, va studiato tutta la vita. E' il
padre della grande musica, la Bibbia, il Vangelo''. Anche per i
maestri e i direttori da ringraziare la classifica è difficile,
ma la predilezione è per Arthur Rubinstein, ''artista sublime,
un campione anche della condivisione, sapeva trasmettere
emozioni come nessun altro''. Da tempo il suo maggior rammarico
è l' indifferenza e l'insensibilità della politica per l'
insegnamento della musica nelle scuole, ancor più grave -
sottolinea - in un Paese che ha 80 conservatori ma pochissime
orchestre. Per questo, dopo aver promosso per anni festival a
Venezia e a Roma e tanti concerti guardando alle nuove
generazioni, lo scorso ottobre ha lanciato la Fondazione che
porta il suo nome, diretta da Natascia Chiarlo, vicepresidente e
sua stretta collaboratrice artistica. ''Non mi sono speso
abbastanza per i giovani. Dovrei fare molto di più. L' obiettivo
è dare un minimo di educazione musicale di cui hanno bisogno i
ragazzi, far sapere loro che l' Italia è stato un paese
fertilissimo di idee musicali, abbiamo avuto insieme con la
Germania e la Russia i più grandi musicisti ma nessuno li
conosce. In questo modo speriamo di raccogliere consensi e
aprire strade poco battute''. Perchè l' Italia non è all'altezza
della sua tradizione musicale? ''E' mancata la volontà politica
di trasmettere cultura. Penso che sia una cosa voluta per
disorientare e tenere basso il livello della gente. I ragazzi
sono totalmente a digiuno. Oggi ci sono solo le canzonette e il
Festival di Sanremo. Non c' è una par condicio di informazione
tra la musica classica e gli altri generi''. Recentemente ha
fatto discutere il concerto di Paolo Conte alla Scala. Lei da
che parte sta? ''C è una grandissima confusione di categorie.
Non ho niente contro Conte, che conosco poco. Non so se è giusto
farlo suonare alla Scala, dove un tempo si esibivano i grandi
della musica classica. La musica leggera, pop e rock hanno tutte
le piazze aperte, perchè devono 'contaminare' i templi dove
hanno cantato la Callas o Caruso? Perchè bisogna aprire anche
quelle porte quando alla classica non viene concesso nulla?''.
'''Festeggerò il mio compleanno con la musica - conclude -. Il
giorno seguente ho un concerto al Teatro Carlo Felice di Genova.
E' bello fare festa in questo modo. La musica è condivisione''.
Notizie ANSA Scegli l’informazione di ANSA.it
Abbonati per leggere senza limiti tutte le notizie di ANSA.it
Abbonati oraSe è una notizia,
è un’ANSA.
Raccogliamo, pubblichiamo e distribuiamo informazione giornalistica dal 1945 con sedi in Italia e nel mondo. Approfondisci i nostri servizi.
Resta connesso
Ultima ora