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Paolo Taviani, 90 anni tra rigore e impegno civile

Paolo Taviani, 90 anni tra rigore e impegno civile

"Mezzo regista" dopo l'addio a Vittorio, al lavoro su Pirandello

ROMA, 07 novembre 2021, 13:29

Redazione ANSA

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In questi giorni sta dando gli ultimi ritocchi al suo primo film "in solitario", ancora una volta ispirato a Pirandello e al suo racconto omonimo "Leonora addio".
    Lo ha voluto in bianco e nero, come in un ideale ritorno agli esordi di quel cinema, firmato Paolo & Vittorio Taviani che fin dagli anni '50 tracciò un'ideale linea di confine tra il magistero del Neorealismo e un nuovo cinema realista, volutamente ideologico e poetico insieme. Compie 90 anni l'8 novembre Paolo Taviani.
    Nati a San Miniato, vicino a Pisa, da una famiglia borghese, con padre avvocato e antifascista, i Fratelli Taviani arrivano a Roma con un'idea ben chiara nella testa: fare il cinema, suggestionati dalla scoperta di "Paisà" (Rossellini è il maestro dichiarato), emozionati da "Ladri di biciclette". Dal loro sodalizio sono nati film che hanno segnato la storia del cinema come il profetico "Sovversivi" sulla fine della fiducia cieca nel comunismo reale e il visionario "Sotto il segno dello scorpione" a cavallo con la repressione in Cecoslovacchia; hanno anticipato il fallimento dell'utopia rivoluzionaria attingendo alla storia del Risorgimento con "San Michele aveva un gallo" e "Allosanfan". Nel 1977 hanno vinto la Palma d'oro con "Padre padrone" e 8 anni dopo trionfano ancora a Cannes con il loro più grande successo, "La notte di San Lorenzo" (Premio speciale della giuria). E' dell'84 il loro incontro con Pirandello e le novelle di "Kaos" seguito nel '98 da "Tu ridi"; nel 2012 vincono il Festival di Berlino con "Cesare deve morire". L'ultima collaborazione è del 2017 con "Una questione privata" che Paolo dirige da solo, mentre il fratello Vittorio è costretto a rimanere a casa per la malattia che lo avrebbe portato via il 15 aprile di tre anni fa.
    Paolo Taviani ama definirsi anche oggi "un mezzo regista" perché metà di lui non c'è sul set, si sente "un impiegato del cinema perché in fondo Vittorio ed io lavoriamo da sempre con certe regole e un certo ritmo. I film cambiano, io molto meno e continuo a pensare che facciamo questo mestiere perché se il cinema ha questa forza, di rivelare a noi stessi una nostra stessa verità, allora vale la pena di metterci alla prova".
   
   

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