E' stato connotato da "inspiegabile e
ingiustificabile leggerezza" il comportamento del Getty Museum
che acquistò la statua di Lisippo sulla base di pareri sulla sua
lecita provenienza espressi solo dai consulenti del venditore
nonostante "l'autorevolissimo partner" che aveva affiancato il
Getty nella trattativa, il Metropolitan Museum di New York, si
fosse sfilato nutrendo "perplessità". Lo scrive la Cassazione
nelle motivazioni di conferma della confisca, disposta dal gip
di Pesaro, della statua da anni esposta al Getty Museum di
Malibu, in California. La Suprema Corte ha respinto il ricorso
di Stephen Clark, rappresentante del Getty Trust, contro
l'ordinanza di confisca emessa dal Tribunale di Pesaro l'otto
giugno 2018 dopo un contenzioso durato anni, che il museo
americano aveva la "sicura consapevolezza della pregressa
esistenza di un articolato contenzioso penale". Dal Getty era
ovvio esigere la "doverosa conoscenza della normativa italiana
in tema di esportabilità e commerciabilità dei beni culturali".
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