"La cosa più importante nel calcio
per me è dare tutto quello che puoi. Ma non sempre accade. Ci
saranno molti momenti in cui le gambe non funzioneranno. Quando
ti svegli sentendoti terribile, pensi che tutti ti odino e che
non meriti nemmeno di indossare quella maglia. Mi ha salvato
vedere il gioco con gli occhi di un bambino". Il capitano del
Brasile, lo juventino Danilo, si confessa in una lunga lettera
per 'The Players Tribune', indirizzata ai tifosi verdeoro, in
vista dell'esordio della Selecao in Coppa America. E racconta le
emozioni ma anche i momenti bui: "A 24 anni scrissi che avrei
voluto lasciare il calcio. Poi ho rischiato anche una ricaduta.
Mi hanno salvato i terapisti e i miei figli" dice il giocatore.
"Sono umano, non sono sempre stato al mio meglio - ha
spiegato -. Durante la mia prima stagione al Real Madrid mi
sentivo depresso, perso, inutile. In campo non riuscivo a fare
un passaggio di cinque metri. Fuori , non riuscivo a muovermi.
La mia passione per il calcio era scomparsa e non vedevo una via
d'uscita. Volevo tornare a casa mia, in Brasile, e non giocare
più". Poi la rinascita: "Ho dovuto ricordare le mie radici e la
gioia di giocare non per fama o denaro, ma per divertimento. Se
la mia carriera è stata salvata in quel momento, devo
ringraziare i miei terapisti e i miei figli" dice.
"Dopo la pandemia e l'uscita dalla Coppa del Mondo avrei
potuto avere una ricaduta - prosegue Danilo -. Avrei potuto dire
'ho avuto una buona carriera. Ho già raggiunto il mio massimo.
Ora posso rilassarmi'. Ma ho fatto il contrario. Ho iniziato a
sfidare me stesso per essere un leader migliore. Ed è stato
allora che tutto si è illuminato per me. Quando ho ricevuto la
fascia di capitano alla Juventus è stato un grande onore. Ma
quando ho ricevuto quella del Brasile, è stato qualcosa di
diverso. Un onore immenso, incomparabile". E in vista della
Coppa America: "Come capitano, so cosa significa la Seleção per
il nostro Paese. E la Copa America è una grande opportunità per
dimostrare che il nostro gruppo comprende il peso della
responsabilità di indossare questa maglia. Penso che dobbiamo
giocare come se stessimo lottando per tornare a essere di nuovo
dei calciatori professionisti. Abbiamo rinunciato a tutto per la
nazionale. Siamo un gruppo che ha molta fame e molto orgoglio di
rappresentare il nostro Paese. Non siamo stati in grado di
dimostrare quanto siamo disposti a sacrificare per questa
maglia. L'unico modo per cambiare questa immagine è dare anima e
corpo in campo. Ogni giocatore che indossa la maglia verdeoro ne
sente il peso, indipendentemente da quello che si dice in giro".
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