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Da Guaita a Ghiggia, Falcao e Batistuta: Roma ama il Sudamerica

Da Guaita a Ghiggia, Falcao e Batistuta: Roma ama il Sudamerica

Da sempre forti legami, Dybala sarà l'argentino n.68 nella storia del club

18 luglio 2022, 16:45

Redazione ANSA

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Gabriel Omar Batistuta - RIPRODUZIONE RISERVATA

Gabriel Omar Batistuta - RIPRODUZIONE RISERVATA
Gabriel Omar Batistuta - RIPRODUZIONE RISERVATA

Paulo Dybala e la Roma, un 'matrimonio' che rinverdisce una tradizione: spesso associata al calcio brasiliano (un nome per tutti: Falcao, l'artefice principale dello scudetto 82-83) la squadra giallorossa vira sul versante argentino dell'America latina che già dagli anni '30 ha percorso. Gli intrecci tra i giallorossi, il Sudamerica e i suoi assi, o presunti tali, è di lunga data. Antico il legame con gli argentini, visto che proprio da quella terra arrivò, nel 1927, il primo calciatore straniero nella storia della società capitolina. Si chiamava Arturo Chini Luduena, e in sette anni mise insieme 166 presenze e 57 reti. La Joya sarà invece l'argentino n.68 alla Roma. Il primo grande campione sudamericano in giallorosso fu Enrique Guaita, centravanti che divenne romanista nel 1933, un anno prima di vincere il Mondiale con l'Italia dopo aver vestito, in anni precedenti la casacca dell'Albiceleste.

Con quella che ancora non era la Magica fu anche capocannoniere con 28 gol in 29 partite, sembrava una storia destinata a durare a lungo ma alla vigilia della stagione 1935-'36 Guaita, detto 'il Corsaro nero', fuggì dall'Italia, assieme agli altri oriundi Stagnaro e Scopelli, per paura che il regime fascista li arruolasse per la guerra in Etiopia. Gli anni '40 e '50 sono ancora quelli degli argentini e degli uruguayani, perché non c'era ancora la moda dei brasiliani (che peraltro tendevano a non lasciare il loro pase) e tra i protagonisti della Roma ecco Miguel Angel Pantò, in giallorosso dal 1939 al 1948, unico altro argentino, oltre a Gabriel Batistuta, Walter Samuel e Abel Balbo, a vincere lo scudetto (nel suo caso nel 1942) con la maglia della Roma. Vennero poi oggetti misteriosi vari, come Campilongo, Spitale, Esperon e Peretti ma anche un talento come Bruno Pesalola, il Petisso che poi si rivelò anche un ottimo allenatore.

Ma negli anni '50 venne a chiudere la carriera nella Roma un fuoriclasse come Juan Alberto Schiaffino, campione del mondo con l'Uruguay. Con lui, tre anni dopo il suo storico gol al Maracanà che nel 1950 provocò in Brasile svariati suicidi, quell'Alcides Ghiggia che adesso fa parte della 'Hall of Fame' romanista. Ma sono stati tanti altri i campioni venuti dal Sudamerica che, nel corso dei decenni, hanno fatto sognare i tifosi romanisti, magari vincendo il titolo come Falcao, Aldair, Emerson e Cafu, fenomeni venuti dal Brasile, così come l'amatissimo Toninho Cerezo, che sfiorò il sogno della Coppa dei Campioni e dovette accontentarsi della Coppa Italia. Campione del mondo con la Seleçao del 1962 è stato Amarildo, il ragazzo che prese il posto dell'infortunato Pelé e che venne nella capitale dopo uno storico scudetto vinto con la Fiorentina. Brasiliani erano anche i bidoni Renato Portaluppi e Fabio Junior, mentre dall'Argentina sono arrivati l'idolo dell'Olimpico 'Piedone' Manfredini, Angelillo cacciato dall'Inter da Herrera e quel Francisco Lojacono che fu uomo da copertina anche per certi suoi amori. In tempi più recenti c'è stato Claudio Paul Caniggia, in nazionale uno dei compagni preferiti da Maradona e che, come l'ex Pibe de oro, non ha mostrato fino in fondo il suo talento per via delle abitudini fuori dal campo. Heinze, Gago, Paredes e Burdisso sono stati gli argentini migliori nella Roma degli ultimi anni, che non sempre hanno reso al meglio, specie i primi due, per via di problemi fisici. Ora arriva la Joya, il talento voluto fortemente da Mourinho e che già fa impazzire la Capitale.

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