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In evidenza
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Uno dei riff più famosi della storia del rock, quello di Smoke on the Water, che ha reso immortali i Deep Purple e creato una sorta di sigillo dell’hard rock, nacque alla fine del 1971 per caso o meglio ancora per una necessità: l’album che avevano registrato risultò troppo breve. Il bassista del gruppo, Roger Glover propone di improvvisare un pezzo, creato, sembra, in 20 minuti, il cui titolo e atmosfera sono ispirati al sogno fatto dopo aver visto, dalle stanze dell’albergo andare a fuoco il casinò di Montreux, sul lago di Ginevra, dove si esibiva Frank Zappa. Fumo sull’acqua, dunque, causato da un incendio.
Sembra la sintesi perfetta per una estate di 50 anni dopo, segnata da siccità, roghi, effetti derivati del cambiamento climatico – a cominciare dal crollo del seracco sulla Marmolada e dal progressivo innalzamento dello zero termico - , e che sembra voler riportare la nostra attenzione agli elementi fondamentali della nostra stessa vita e della nostra storia: dopo il grano, di cui ci siamo occupati il mese scorso, l’acqua di cui, forse per la prima volta, cominciamo seriamente a temere la scarsità. Tanto da iniziare a capire che l’espressione ‘oro blu’ non è solo una trovata per qualche titolo di libro o di giornale o per l’invettiva di qualche attivista menagramo ma una definizione aggiornata di quel bene comune che rischia di essere, e in parte già è, all’origine delle guerre nel XXI secolo, come aveva preconizzato Kofi Annan, ex segretario generale dell’Onu. Già nel 2002, secondo Annan, ogni anno 5 milioni di persone morivano per malattie legate all’acqua che, in sostanza, ucciderebbe più delle guerre anche se, come cantava Fela Kuti, musicista e attivista nigeriano scomparso alla fine degli anni 90, “l’acqua non ha nemici”.
Non solo non dovrebbe avere nemici ma da quando Talete, primo filosofo della storia secondo una convenzione da programma scolastico pensato ormai 100 anni fa, la indicò come l’origine di tutte le cose, l’acqua è stata indispensabile e fedele compagna anche dell’uomo e che, come tutte le consuetudini, è entrata in decine di modi di dire: da ‘essere con l’acqua alla gola’ a ‘facile come bere un bicchiere d’acqua’ da ‘acqua cheta sfonda i ponti’ ad ‘acqua in bocca’ o ‘essere in cattive acqua’. Per non parlare di ‘acqua calda’ o ‘acqua fresca’ per indicare cose di poco conto, che non sono straordinarie novità. Insomma, cose che non incidono. Già la contraddittoria ricchezza di questi modi dire, in cui l’acqua passa da essere facile a rappresentare la distruzione, ci dà un’indicazione sull’immenso mondo simbolico e linguistico che ruota intorno all’acqua.
Un paradosso ben descritto da Lao Tse, filosofo e scrittore cinese del VI secolo avanti Cristo considerato il padre del taoismo e l’autore del testo di riferimento il Tao te ching dove si legge: “Non v'è niente di più debole dell'acqua ma nulla le è superiore nel vincere il duro, per cui non può essere sostituita”. Nell’etimologia della parola c’è già tutto: la radice sanscrita ak significa piegare, akna significa piegato e, nella trasformazione del suono k in p, ap sta per succo, umore. Dunque qualcosa che si piega e si trasforma (la forma dell’acqua, appunto) ma anche, a sua volta, che piega e trasforma.
Simbolo potente e fondamentale, con fuoco terra e aria costituisce uno dei quattro elementi primari. Indica rinascita e purificazione, anche nella distruzione, dal diluvio universale al battesimo del Cristo (“Appena battezzato – si legge nel Vangelo secondo Matteo - Gesù uscì dall'acqua: ed ecco si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui”).
È movimento, abbondanza, trasparenza e chiarezza (le famigerate ‘chiare fresche e dolci acque’ di Petrarca) ma anche mistero e inquietudine come possono esserlo le acque profonde dove, secondo il regista David Lynch, icona mondiale della meditazione trascendentale, abitano i pesci grossi e si agitano i misteri della nostra coscienza. Ed è proprio il fuoco, degli altri tre elementi, il vero antagonista dell’acqua: lo sanno i bambini (che nei loro giochi contrappongono l‘acqua al fuochino e poi al fuoco per indicare la vicinanza a qualcosa che si sta cercando) e lo sapevano i Dik Dik che cantavano l’amore come ‘l’acqua dopo il fuoco’.
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