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La parola della settimana è "Eroe" (di Massimo Sebastiani)

La parola della settimana è "Eroe" (di Massimo Sebastiani)

26 maggio 2024

Redazione ANSA

ANSACheck

Parola della settimana - RIPRODUZIONE RISERVATA

Tra le tante parole che sono soggette ad abuso e consunzione nel discorso pubblico, ce ne è una che andrebbe maneggiata con particolare cura. La nostra comunicazione pullula di eroi: il rapper iraniano che rischia l’impiccagione per aver partecipato alle proteste dopo la morte della giovane Mahsa Amini o magari un centravanti, autore di uno o più gol in trasferta in un campo giudicato difficile, fino al tristemente noto Fleximan, l’abbattitore, il giustiziere degli autovelox (cinque fatti fuori in un mese in Veneto) individuato e denunciato dai carabinieri pochi giorni fa.

Ci sono quelli per cui non ci è mai sembrato strano o eccessivo l’uso del termine (da Giuseppe Garibaldi, eroe dei due mondi, a Nelson Mandela, da Jan Palach a Martin Luther King) e quelli che suscitano qualche legittima perplessità (dal suddetto Fleximan, appunto, a Chico Forti a OJ Simpson, eroe dello sport, agli stessi calciatori della nazionale italiana che nel 2006 vinsero il Mondiale in un periodo critico per il calcio italiano e che furono etichettati proprio così sulla prima pagina di un quotidiano sportivo). Molti di questi, da Mandela agli stessi eroi civili premiati ogni anno al Quirinale (che però il presidente Mattarella non definisce mai in quel modo), hanno sempre avuto difficoltà a riconoscersi in quella parola e in ciò che essa è in grado di evocare.

Per noi occidentali il capostipite di tutti gli eroi nasce, come molte altre cose che hanno segnato la nostra cultura e quindi il nostro immaginario, in Grecia, pur non essendo l’eroe un’esclusiva della società e della mitologia greche. Achille è il primo di tutti gli eroi la cui caratteristica è quella di essere protagonista di gesta prodigiose, di mostrare coraggio e forza e di fare azioni che perlopiù vanno a favore di un gruppo quando non addirittura di un intero popolo. Cosa li rende così speciali? Il fatto di essere semidivini, cioè a metà strada tra gli umani e gli dei, dunque almeno un gradino sopra gli essere normali. ‘L’eroe possiede un rango particolare – scrive Corinne Morel nel suo ‘Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze’ – che lo situa tra gli dei e i mortali’. E’ il caso di Achille, figlio di Teti, ninfa del mare, e di Peleo re dell’isola di Egina.

Da un lato dunque l’eroe si eleva al di sopra degli umani - e questo spiega forse perché quasi nessuno, dagli eroi civili insigniti dal presidente della Repubblica, alla poliziotta che a Sidney affronta e ferma da sola un accoltellatore seriale – abbiano poi così tanta voglia di farsi chiamare eroe. Benché l’etimologia non sia chiara, la parola greca hèros significa signore, principe e ha in sé al tempo steso un’idea di forza e di protezione: deriva da veros e ancora più indietro dal sanscrito vir-a che significa forte. Dall’altro lato però, prima o poi, il lato umano deve emergere.

Nel caso di Achille è il famoso tallone, rimasto l’unica parte vulnerabile del suo corpo per ragioni che sarebbe lungo raccontare e su cui comunque si confrontano due storie diverse. Quindi l’eroe è un modello, come scrive sempre Morel, ‘che permette il gioco delle identificazioni’ perché sintetizza ‘una rete di qualità e di funzioni’. Ed è per questo che Jung ne fa uno dei suoi 12 archetipi, cioè ‘forme psichiche determinate che sembrano essere presenti sempre e dovunque’, qualcosa che dunque, al di là della nostra soggettività psichica ci portiamo comunque dietro da migliaia di anni e siamo sempre in grado riconoscere (e magari di identificarci).

D’altra parte però la dimensione umana, il tallone, è sempre in agguato: per questo, a cominciare già da un paio di secoli fa, l’eroe ha generato il suo alter ego, l’anti-eroe, che ha qualità opposte. E’ pavido, preferisce fuggire le responsabilità, non sa badare neanche a se stesso figuriamoci ad un intero gruppo e le sue azioni sono a volte moralmente ambigue. E se realizza qualcosa di buono lo fa per caso o addirittura per interesse: ‘Eroe per caso’ era il titolo di un film di Stephen Frears del 1992 in cui, con qualche reminiscenza di Cenerentola, si giocava molto sulla retorica e la possibile ambiguità della figura dell’eroe. La conclusione di Dustin Hoffman, piccolo truffatore diventato eroe per caso e poi defraudato di quel ruolo da un altro truffatore, è forse eccessivamente pessimista e nichilista. Per lui la verità, dell’eroe come di qualunque altra cosa, non esiste.

 

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